Schiaffo della Gran Bretagna alla statunitense Uber. La Corte Suprema ha stabilito che gli autisti di Uber, impiegati a decine di migliaia in Gran Bretagna, vanno considerati dipendenti, non collaboratori autonomi “usa e getta”. Si conclude così un braccio di ferro tra azienda e autisti durato 5 anni. Uber dovrà ora assicurare contratti in piena regola e tutele agli autisti. Uber ha in Gran Bretagna il suo mercato europeo più consolidato sia sul terreno del trasporto dei passeggeri (quantificati in svariati milioni soltanto a Londra) sia su quello del delivery. La sentenza ha un valore che va ben oltre la sola Uber, a maggior ragione in un ordinamento giuridico come quello britannico dove le sentenza valgono a tutti gli effetti come precedenti a cui rifarsi per le successive pronunce. La decisione potrebbe quindi impatta su molta attività della cosiddetta ‘gig economy’ e porre un argine ala precarizzazione dei rapporti di lavoro. Con Uber si era già scontrato in tribunale il comune di Londra, che alla fine aveva concesso il mantenimento della licenza in cambio di concessioni su sicurezza e garanzie sul lavoro.

La Corte ha smontato le argomentazioni dell’agguerrito e costoso team legale ingaggiato da Uber, considerando molteplici elementi a dimostrazione dell’evidenza di un modello da lavoro dipendente: il fatto che fosse la società a dettare le tariffe e i massimali di guadagno del personale; che i contratti di collaborazione fossero imposti secondo schemi standard e non negoziati; che i driver dovessero accettare un minimo di corse, come in un turno di lavoro, salvo esser penalizzati; che l’azienda potesse ammonirli ed eventualmente licenziarli basandosi sui giudizi affidati ai passeggeri attraverso l’attribuzione online di una o più stelle per esprimere soddisfazione o insoddisfazione sul servizio.

Possibile una pioggia di ricorsi – “Rispettiamo la decisione della Corte che si riferisce a un piccolo numero di autisti che hanno usato l’app di Uber nel 2016. Da allora abbiamo apportato alcuni significativi cambiamenti al nostro business, guidati in ogni passo dagli autisti. Questi includono dare anche più controllo su quanto guadagnano e fornire nuove protezioni come l’assicurazione gratuita in caso di malattia o di incidente. Siamo impegnati a fare di più – ha aggiunto – e ci consulteremo con ogni autista in attività in Gran Bretagna per capire i cambiamenti che vogliono vedere”, ha affermato Jamie Heywood, general manager di Uber per la Gran Bretagna.

“I nostri assistiti hanno lottato per molti anni anni per i loro diritti, siamo felici che finalmente stiamo arrivando in fondo”, ha commentato Nigel Mackay, avvocato dello studio Leigh Day che ha rappresentato vari ricorrenti, non senza evocare a questo punto – tanto per cominciare – la possibilità di una pioggia di “richieste d’indennizzi per migliaia di sterline” pro capite come compensazione delle mancate tutele del passato. “Dopo lungo tempo abbiamo ottenuto la vittoria che meritavamo, lavorare per Uber è stressante e avere gli stessi diritti degli altri lavoratori (dipendenti) era il minimo”, ha fatto eco Mark Cairns, uno dei leader della rivendicazione fra le migliaia di autisti londinesi.

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