Vi ricordate i tempi in cui all’approssimarsi del Natale in Italia si litigava sui presepi nelle scuole pubbliche, tutti a lanciarsi in difese d’ufficio del Bambinello, del bue e dell’asinello? Ecco, scordateveli.

Oggi i tempi sono radicalmente cambiati: si litiga, e furiosamente, sui Dpcm del presidente Giuseppe Conte, che sembrano essere diventati ordinarie fonti del diritto attraverso le quali si tenta di frenare l’emergenza del coronavirus. Ci insegnano sin da bambini che la fretta è una cattiva consigliera, ma anche questo insegnamento sembra essere svanito sotto la valanga normativa che ormai ci ha travolti da mesi. Basti pensare alle quasi 300 pagine di allegati all’ultimo Dpcm del 3 dicembre 2020. Ci dicevano che a Natale si è tutti più buoni. E invece saremo tutti più stanchi e inviperiti. Ci dicevano che sarebbe andato tutto bene. E invece va di m****.

Dietro a tutte queste infinite discussioni, che sembrano ormai far parte del repertorio della politica e del giornalismo nostrani, così come dietro al manifesto impoverimento delle feste e dei proverbi come li conoscevamo fino all’anno scorso, c’è una sensazione di depauperamento sostanziale degli anticorpi democratici che influisce enormemente sulla qualità della nostra già malconcia democrazia. E di questo, purtroppo, pochi sembrano essersene accorti.

Mi riferisco alla formula ricorrente attraverso la quale si risponde alla critica della cosiddetta “dittatura sanitaria” citando il numero dei morti per Covid giornaliero. Con quasi mille morti al giorno non puoi non chiudere un intero Paese. Con quasi mille morti al giorno, hai voglia a non mettere 70.000 agenti di polizia a sorvegliare le strade per evitare assembramenti. Signora mia, cosa ci vuol fare, porti pazienza. È un sacrificio temporaneo ma necessario. Dobbiamo salvare i nostri nonni, i nostri genitori, il nostro Paese, la nostra economia, la nostra scuola, i nostri giovani. Dobbiamo salvarci tutti. Ma la nostra democrazia chi la salva?

Il problema è che la formula “morti giornalieri uguale giuste restrizioni alla libertà” è tanto efficace mediaticamente proprio perché semplifica la realtà, finendo per rimodellarla nella sostanza. Questa formula, infatti, legittima il governo ad agire, magari con fonti del diritto più immediate e più immediatamente eseguibili rispetto ai classici meccanismi parlamentari, e quindi ci dice che le restrizioni che ci vengono imposte sono necessarie.

Ma la democrazia non è solo produzione di regole quando servono: è anche, e forse soprattutto, produzione di buone regole. Non è solo regole, è anche processo. Non è solo quantità, ma anche qualità. Ora, dal costituzionalismo contemporaneo ci viene l’insegnamento prezioso che la buona regola persegue l’obiettivo con proporzionalità e ragionevolezza. È chiaro a chiunque abbia cercato di leggere l’ultimo Dpcm, dandogli un senso compiuto, che il governo Conte ha fatto di questi principi carta straccia. E questo, a mio avviso, è un grosso problema per la nostra democrazia.

Prendiamo la disciplina dei rientri dall’estero. Si distinguono diversi elenchi di Paesi a seconda del rischio (il famoso Allegato 20). Dai Paesi dell’elenco C (Francia, Regno Unito, Spagna e dal 10 dicembre quasi tutti i Paesi dell’Ue) si può rientrare in Italia facendo un’autocertificazione e con un tampone negativo di almeno 48 ore. Se arrivi in aeroporto senza tampone, così come se viaggi tra il 21 dicembre e il 6 gennaio, il tuo elenco di appartenenza cambia e devi farti 14 giorni in “permanenza domiciliare” obbligatoria. E ciò anche se sei in grado di fare un tampone negativo una volta rientrato in Italia. Questa serie di disposizioni – di difficilissima lettura, occorre dirlo – sono state pensate per scongiurare contagi dovuti a viaggi all’estero durante le vacanze natalizie. Per me si tratta, nella sostanza, di arresti domiciliari il cui unico obiettivo è dissuadere chi si trova in Italia dall’uscire dal Paese. È il nuovo reato di settimana bianca.

Ora, questa permanenza domiciliare è necessaria, proporzionata e ragionevole rispetto all’obiettivo di contenere la pandemia? La risposta è no, non lo è. Secondo le linee guida dello European Centre for Disease Prevention and Control dell’Unione Europea (Ecdc) del 2 dicembre scorso, i viaggiatori non sono persone a rischio a meno che non si accerti che sono stati in contatto con una persona contagiata. In particolare, per l’Ecdc:

1. I casi di infezione causati dai viaggiatori corrispondono a una percentuale molto bassa del totale dei casi accertati ed è inverosimile che accrescano sostanzialmente il tasso di trasmissione;

2. Si stima che la prevalenza di Sars-CoV-2 nei viaggiatori sia più bassa della prevalenza nella popolazione generale o tra i contatti di casi accertati;

3. I viaggiatori non dovrebbero essere considerati come popolazione ad alto rischio né essere trattati come casi contatto, a meno che non sia accertato che sono stati in contatto con un caso positivo accertato;

4. I viaggiatori dovrebbero essere soggetti alle stesse regole applicate alla popolazione locale;

5. Gli Stati Membri dovrebbero sempre ammettere i propri cittadini e i cittadini dell’Unione Europea…

Per l’Ecdc, insomma, “nell’odierna situazione epidemiologica, la quarantena o il test sistematico per Sars-CoV-2 per i viaggiatori in aereo non è raccomandato”. Se i viaggiatori che rientrano in Italia (per qualsiasi ragione) non sono a rischio, perché li si sottopone a quarantena obbligatoria? Perché non si predispongono presidi di test antigenici negli aeroporti a tutte le ore, non solo in orari d’ufficio? Perché si continua con la farsa del dovere di mettersi a contatto con l’autorità sanitaria locale se uno ha un test negativo dal proprio Paese d’origine?

Mi piacerebbe avere delle risposte chiare a queste domande, perché trattare dei viaggiatori allo stesso modo di turisti da settimana bianca è ingiusto, sbagliato e profondamente antidemocratico. Le regole buone non si fanno sulla pelle dei cittadini, trattando allo stesso modo situazioni diverse. Il fatto che nessuno si interroghi su questi dettagli della legislazione dell’emergenza la dice lunga sulla percezione della democrazia nel nostro Paese, che si ricorda dei cittadini all’estero solo quando c’è un’elezione o un referendum.

Nelle maglie dei nuovi processi penali per reato di settimana bianca cadranno presto degli innocenti. Garantito Dpcm!

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