Le feste, le giovanissime invitate, uno schema vero e proprio di come le serate dovevano finire. Le audizioni dei testimoni e gli accertamenti degli investigatori, coordinati dalla procura di Milano, hanno portato, come riporta il Corriere della Sera, a un’altra contestazione per Alberto Genovese, l’imprenditore arrestato per aver drogato e violentato una modella di 18 anni nella sua casa nel centro di Milano. Si tratta dell’episodio raccontato da un’altra ragazza di 23 anni, che era stata ospitata a luglio ad Ibiza.

Il racconto della 23enne agli investigatori – “Dall’1 al 12 luglio 2020, sono stata ospite a Ibiza in delle case affittate da Alberto. Il fatto che vi racconterò si è svolto a Villa Lolita. Io sono stata invitata a questa vacanza da Alberto personalmente” ha fatto mettere a verbale la giovane. La sua testimonianza è stata una delle tante raccolte dagli uomini della Squadra Mobile di Milano e riportate nelle 28 pagine di ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, Tommaso Perna, aveva convalidato il fermo di Genovese, detenuto nel carcere di San Vittore. I fatti raccontati dalla 23enne sono “sostanzialmente sovrapponibili” per il giudice a quelli descritti dalla 18enne che per prima ha denunciato l’imprenditore e dimostrano un modus operandi consolidato. “Dalla narrazione della ragazza – osserva infatti il giudice Perna – emerge che Genovese sia solito organizzare feste nelle quali la sostanza stupefacente viene messa a disposizione degli invitati, e che egli abusa sessualmente delle donne drogandole a loro insaputa”. Nel caso della vittima che ha denunciato lo stupro nell’abitazione di Milano, in zona Duomo, il giudice ha scritto che Genovese “ha agito prescindendo dal consenso della vittima, palesemente non cosciente (…), tanto da sembrare in alcuni frangenti un corpo privo di vita” di cui l’uomo ha “abusato, come se fosse quello di una bambola di pezza”.

“Il biglietto aereo regalato e la valigia da portare” – La descrizione della 23enne sulle feste sull’isola spagnola non è molto differente da quelle di Milano ed era apparso dettagliato: “Il biglietto aereo ci è stato regalato da Alberto, che ci ha fatto pervenire tramite una ragazza, che non so se sia una sua segretaria o cosa. Per andare da casa all’aeroporto di Malpensa è venuto a prenderci uno degli autisti di Alberto. Preciso che la sera prima di partire ho saputo che oltre ai nostri bagagli, io e lei avremmo dovuto portare un’altra valigia a testa per conto di Alberto Genovese. Non ho idea di cosa potessero contenere, perché non le ho aperte. La cosa mi aveva insospettito, visto e considerato che Alberto, la fidanzata e altre persone erano partiti per Ibiza, poco prima di noi, con un Jet privato. Non ho avuto modo di capire cosa ci fosse nelle valige, neanche una volta arrivate ad Ibiza”.

La striscia di droga rosa e poi più nulla – Una volta sull’isola, “i primi giorni di vacanza […] li abbiamo trascorsi normalmente, facendo feste, bagni in piscina, e consumando droghe (cocaina, 2CB e pasticche di vario genere) che Alberto metteva liberamente e gratuitamente a disposizione di tutti gli ospiti, poste in dei piatti in sala… Ad un certo punto della serata io, Alberto e altre ragazze siamo andate nella sua camera ed abbiamo assunto della cocaina. […] Da quando sono entrata in camera ed ho tirato una striscia di stupefacente di colore rosa che io pensavo fosse 2CB, non ricordo più nulla”. E a questo punto la ragazza descrive di esser piombata in uno stato di “intontimento, appesantimento e l’impossibilità di alzarsi“, durato diverse ore. Solo quando si è ripresa si è accorta di avere i “vestiti strappati, un sacco di lividi sulle gambe e un forte dolore ai polsi. Ho sentito più volte gente che entrava in stanza a chiedermi come stessi”. E poi spiega agli inquirenti di aver capito di esser stata vittima di violenza sessuale. Dopo l’esplosione del caso della 18enne anche lei decide di raccontare.

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