La notte del party in cui secondo le accuse si consumò la violenza sessuale per due volte la polizia bussò alla porta dell’appartamento di Alberto Genovese, l’imprenditore milanese fermato nella notte tra venerdì 6 e sabato 7 novembre a Milano. Le forze dell’ordine furono allertate da due diversi inquilini del palazzo di piazza Santa Maria Beltrade, stremati dagli schiamazzi e dalla musica ad altissimo volume. Uno di loro è Roberto Bolle, l’étoile della Scala, che abita proprio nell’appartamento sotto a quello del 43enne, fondatore di Facile.it (azienda che ha ceduto e in cui non ha più alcun ruolo dal 2014) ed ex presidente di Prima Assicurazioni.

Secondo la ricostruzione da verbali, riportata dal Corriere della Sera, la prima chiamata arriva verso le 22.40. Nell’annotazione di servizio si legge che a chiamare è stata un’inquilina “disturbata dai continui rumori molesti e della musica a volume alto”. Gli agenti bussano al lussuoso appartamento con vista sul Duomo, noto come Terrazza Sentimento. Non entrano, come da consuetudine negli interventi per schiamazzi. Chiedono a Genovese di abbassare la musica, lui “acconsente e, irritato, rientra all’interno”, sottolineano i poliziotti.

Secondo la ricostruzione degli investigatori, poco dopo l’intervento dei poliziotti inizia lo stupro della 18enne che ha denunciato Genovese. La vittima ha raccontato di essere entrata verso quell’ora nella stanza, il cui accesso era controllato da un bodyguard, e di aver subito “tirato” una delle strisce di “cocaina rosa” che venivano servite nei piatti da portata. Un mix di cocaina e ketamina, che l’ha resa completamente incosciente. Legata mani, piedi e collo, è stata costretta a subire gli abusi di Genovese per ore.

Il secondo intervento della polizia avviene quando la violenza è già iniziata e va avanti da ore. È l’una e mezza di notte quando Roberto Bolle chiama di nuovo la polizia, segnalando “una festa in atto da diverse ore presso l’abitazione” di Genovese, che “provocava disturbo alla quiete pubblica in quanto vi era musica ad alto volume e diversi schiamazzi provocati da persone ivi presenti”. Gli agenti provano a raggiungere l’appartamento, ma l’accesso all’ultima rampa di scale prima della porta è sbarrato da un cancello che Genovese ha fatto installare per proteggersi. A farsi incontro ai poliziotti è un domestico, che dichiara che la festa è finita, la musica spenta e gli ospiti sono già andati via.

I residenti del palazzo nel corso del tempo si sono più volte lamentati delle feste nell’appartamento di Genovese, dato che le feste si svolgevano con molta frequenza, soprattutto d’estate, durante le settimane della Moda e il Salone del Mobile. I condomini avevano più volte denunciato Genovese che è da tempo indagato anche per disturbo alla quiete pubblica. Ma alle riunioni condominiali, dove si discuteva dei problemi creati dall’appartamento del 43enne, era spesso presente il legale dell’imprenditore a sostenere che tutto fosse regolare.

Nel frattempo, la Procura di Milano è pronta a convocare come testimoni alcune persone dell’entourage di Genovese, per ricostruire anche altre feste dei mesi scorsi e per indagare su eventuali profili di favoreggiamento e complicità, sul giro di droga e anche su quello eventuale di prostituzione. Le audizioni sono attese nei prossimi giorni e riguarderanno probabilmente anche il suo bodyguard, che ha impedito l’accesso alla stanza delle violenze anche alle amiche che chiedevano di lei. Gli inquirenti stanno analizzando i video delle telecamere di sorveglianza interne all’appartamento per ricostruire i festini. Molte ragazze, tra cui le amiche della 18enne violentata, hanno già raccontato a verbale che giravano voci sul fatto che Genovese abusasse di donne dopo averle drogate. Una ragazza ha anche messo a verbale una presunta violenza subita a Ibiza la scorsa estate e avvenuta secondo le stesse modalità.

MANI PULITE 25 ANNI DOPO

di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ Acquista
Articolo Precedente

Autostrade, l’intercettazione dell’arrestato: “40 morti di qua, 43 di là. Stiamo tutti sulla stessa barca”. L’ex dirigente condannato per la strage di Avellino sull’ex ad Castellucci: “Se dicevo la verità lo ammazzavo”

next