Rendere “definitivi” gli eurobond, lavorare alla cancellazione dei debiti per Covid, riformare il Mes per slegarlo dalle “logiche dei governi, in cui prevalgono quelle dei più forti” e seguendo la stessa traccia cambiare anche i Trattati, “per eliminare il diritto di veto in capo ai singoli governi” che permette a pochi di tenere in ostaggio intere riforme. È questa l’Europa che immagina il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli: “Una grande riforma per dare più governo e più sovranità all’Unione”, spiega nella sua intervista a Repubblica. A suo parere è l’unica via per uscire dalla crisi innescata dal coronavirus, combattere “disperazione e miseria”.

Una via che passa da due pilastri: il Recovery Fund e gli eurobond. Solo pochi giorni fa Consiglio e Parlamento europeo hanno trovato un accordo sul prossimo bilancio pluriennale da 1.074 miliardi e sul pacchetto per la ripresa post Covid da 750 miliardi di euro concordato a luglio dai leader. Secondo Sassoli però deve essere solo il primo passo e fa suo il pensiero della presidente della Bce, Christine Lagarde, che ha proposto di rendere permanente il Recovery Fund: “Dobbiamo prendere sul serio il richiamo e rendere definitivo l’indebitamento comune”, spiega Sassoli. Gli euro bond per cui il governo italiano0 ha combattuto a Bruxelles devono diventare “un modello definitivo” ed è necessario “creare un Tesoro a livello europeo”. “Con bond europei potremmo impegnare la Bce nel finanziamento della transizione ecologica – aggiunge Sassoli – che è anche uno strumento della ripresa. Si tratta di un tema decisivo che potrebbe consolidare davvero l’Unione”.

Anche la cancellazione dei debiti contratti dai governi per rispondere al Covid “è un’ipotesi di lavoro interessante”, risponde il presidente dell’Europarlamento a Repubblica. “Nella riforma del patto di stabilità dovremo concentrarci sull’evoluzione a medio termine di deficit e spesa pubblica in condizioni di crisi e non solo ossessivamente sul debito”, afferma Sassoli. Che anche sul Mes critica chi si stupisce del fatto che non sia stato utilizzato: “Se la linea di credito sanitaria del Mes fosse stata usata subito sarebbe stata utile. Ma dobbiamo prendere atto che su quello strumento pesa il ricordo della crisi del 2008 e che ormai è anacronistico. Oggi quale paese con il Recovery, l’allentamento del Patto, Sure ed Eurobond si avvarrà del Mes? Nessuno“. Quindi, è il suo ragionamento, “per rendere utile il Mes serve discontinuità: è necessario riformarlo e renderlo uno strumento comunitario, non più intergovernativo”.

Tradotto, significa che “sarebbe governato dalla Commissione europea in base a norme comuni e non più dalle logiche dei governi, in cui prevalgono quelle dei più forti”. Per Sassoli infatti serve “una mentalità nuova, non solo sul Mes”. Il presidente del Parlamento europeo chiede di cambiare i trattati, per “cambiare il governo dell’Europa”, per esempio quel diritto di veto che oggi è diventato “uno strumento anacronistico” visto che sempre più spesso “servono decisioni rapide, anche a beneficio dei cittadini e degli stessi governi”. Di fronte al sicuro scetticismo dei Paesi del Nord Europa di fronte a queste proposte, Sassoli replica: “Il successo del Recovery li farà ricredere“.

La sua idea di riforma abbraccia anche il Patto di stabilità e la riforma fiscale. Il commissario Ue all’Economia PaoloGentiloni ha spiegato che il “Patto di stabilità potrebbe essere sospeso anche nel 2022”. Sassoli è d’accordo: “È inutile pensare di riattivare il Patto di Stabilità prima del 2023. Non possiamo permetterci un ritorno brusco di quelle regole prima che i paesi abbiano recuperato la crescita persa durante il Covid. Distruggeremmo l’inizio della ripresa”. Anche per questo, secondo Sassoli, c’è bisogno “che tutti gli Stati membri s’impegnino in riforme fiscali coordinate a livello europeo, in modo da sviluppare politiche redistributive. Molti combattono con la povertà, ma altri hanno guadagnato dalla crisi”. Ovvero i “giganti della Rete e ad alcune grandi catene di distribuzione”. Il presidente del Parlamento europeo specifica: “Mi riferisco alla necessità di mettere fine ai privilegi dei quali le grandi industrie godono in alcuni paesi dell’Unione, come i tax ruling“.

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