I lavoratori dell’ex-Ilva di Genova sono in presidio davanti ai varchi da ieri e da questa mattina hanno iniziato lo sciopero di due ore a rotazione fino a venerdì per tutti i reparti. Dopo mesi di contestazioni da parte dei delegati sindacali rispetto alle condizioni di lavoro e alla mancanza di investimenti, a creare l’ultima rottura, che ha portato all’agitazione di questi giorni, è stato il licenziamento di quattro operai da parte della direzione di Arcelor Mittal. Tre metalmeccanici sono stati mandati via dall’azienda perché accusati di aver “adibito impropriamente a refettorio” una sala di cui avevano le chiavi. In solidarietà ai colleghi licenziati, mentre spiegava le modalità del “blitz” con un messaggio vocale su un gruppo chiuso via whatsapp, un quarto operaio è stato licenziato per aver definito “un coglione” chi avesse pensato di punire con il licenziamento i colleghi per via della “cuccia”, come nel lessico di fabbrica vengono definiti questi piccoli spazi che in passato sono già stati allestiti (sempre al livello informale e non autorizzato) all’interno dei reparti.
“Mi sento come se mi avessero dato l’ergastolo per aver attraversato con il semaforo giallo” commenta la vicenda del suo licenziamento come conseguenza del messaggio vocale Luigi Guadagno, sindacalista e lavoratore con 20 anni di esperienza all’interno della fabbrica. La Fiom sostiene tutti e quattro i lavoratori licenziati promuovendo una sottoscrizione e il ricorso per vie legali “ma anche con forme di lotta più determinate come il blocco dei varchi e lo sciopero – spiega Armando Palombo, RSU di fabbrica – per solidarietà ai colleghi licenziati ma anche per tutti gli altri visto che il comportamento dell’azienda in questi ultimi mesi con nessun investimento neppure nella sicurezza degli impianti e un atteggiamento che sembra voler incentivare i lavoratori ad andarsene quando non riesce a licenziarli”.
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