Dalla Merkel a Macron, passando per la presidente della Commissione europea von der Leyen e Mattarella, decine di leader nel mondo si sono congratulati con Joe Biden e Kamala Harris, da ieri presidente e vice degli Stati Uniti. Ma c’è chi ha taciuto per ore prima di riconoscere il nuovo eletto o chi per farlo attende che la battaglia legale sul voto voluta da Trump sia conclusa. Si mantiene in equilibro il premier israeliano Benyamin Netanyahu che in due tweet diversi arrivati quasi in contemporanea ha ringraziato il “presidente Trump per l’amicizia mostrata nei confronti di Israele e per me personalmente” e poi si è congratulato con Biden-Harris. Messaggi arrivati a distanza di molte ore dall’annuncio del risultato delle elezioni che hanno rotto un silenzio ufficiale durato a lungo. “Grazie – ha proseguito Netanyahu rivolgendosi a Trump – per aver riconosciuto Gerusalemme e il Golan, per il contrasto dell’Iran, per gli storici accordi e per aver portato l’alleanza Israele-Usa a vertici senza precedenti”.

Da leader politico vicinissimo al tycoon ha già invece preso le distanze il presidente del Brasile Jair Bolsonaro. Se fino a poche ora fa tifava per Trump e sperava di potere partecipare al suo giuramento, secondo quanto riporta il Washington Post ha dichiarato che il tycoon “non è la persona più importante del mondo”.

Sceglie la linea della cautela il presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador che non si congratulerà Joe Biden fino a quando “tutte le questioni legali non verranno risolte, perché non vorremmo essere impulsivi”. Ha poi aggiunto che il paese fino ad ora ha avuto buoni rapporti sia con Biden che con Trump, elogiando il leader in carica per essere stato “molto rispettoso nei nostri confronti”. Le congratulazioni alla nuova amministrazione americana arrivano tardivamente anche dal sovranista d’Ungheria Viktor Orban, che fino a settembre descriveva la vittoria di Trump come il suo “Piano A”.

Le preferenze di Belgrado – Nessun entusiasmo del presidente serbo Aleksandar Vucic, che a più riprese nelle scorse settimane aveva auspicato una riconferma di Trump. Parlando con i giornalisti nella tarda serata di ieri a margine di un sopralluogo al cantiere di un nuovo ospedale per malati di covid in costruzione alle porte di Belgrado, Vucic ha anticipato – come ha fatto – che si sarebbe congratulato con Biden, osservando tuttavia che per la Serbia, se si considera in particolare la questione del Kosovo, sarebbe stato meglio se negli Usa avesse vinto Trump.

Nonostante conosca meglio Biden, col quale ha avuto un maggior numero di incontri, con la nuova amministrazione per la Serbia sarà più difficile, ha affermato Vucic, anche perché, ha aggiunto, Trump non è stato coinvolto nei bombardamenti della Nato contro la Serbia nella primavera 1999. Due mesi fa Vucic ha partecipato a un vertice sul Kosovo alla Casa Bianca a Washington nel corso del quale, alla presenza di Trump, è stato firmato un importante accordo sulla normalizzazione dei rapporti economici fra Belgrado e Pristina, accordo propiziato dall’amministrazione americana. E il presidente serbo ha costantemente rilevato la diversa posizione di Trump sul tema Kosovo, sostenendo che con lui gli Usa hanno prestato più attenzione alla causa serba.

Il silenzio dell’Arabia Saudita – Dall’alleato egiziano al rivale iraniano, il mondo arabo e islamico ha commentato l’elezione di Joe Biden. Ma a restare ancora in silenzio, sembra quasi con il fiato sospeso, è invece l’Arabia Saudita. Il principe ereditario Mohammed Bin Salman, Mbs come è noto in Occidente, trovava in Trump un alleato chiave e ora teme di perdere quell’immunità internazionale che gli era stata garantita. “La regione sta aspettando e si sta preparando a quello che accadrà dopo la vittoria di Biden”, ha scritto in prima pagina il giornale saudita ‘Okaz’. L’elezione di Biden è stata praticamente ignorata sui social media sauditi, con l’eccezione di un utente che ha scritto che ”l’unica cosa peggiore del Covid-19 potrebbe essere Biden-20”.

Seppur restino di grande importanza le relazioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita, Biden sembra intenzionato a mettere dei paletti. Ha già chiesto, ad esempio, di mettere fine alla “guerra disastrosa” in corso in Yemen e dove Riad guida una coalizione militare araba. E ha chiesto una maggiore responsabilità sull’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, ucciso nel consolato saudita a Istanbul. In generale, ha quindi sollecitato una rivalutazione delle relazioni tra Washington e Riad.

“Le priorità dell’America in Medioriente dovrebbero essere fissate a Washington, non a Riad“, ha detto Biden al Council on Foreign Relations lo scorso anno. C’è poi la questione dell’Iran, nemico numero uno dell’Arabia Saudita in Medioriente, con il quale l’amministrazione Biden potrebbe volere un riavvicinamento, anche in merito all’accordo raggiungo sul suo programma nucleare dal quale Trump si era ritirato. Rispetto all’Iran, Mbs era sempre apparso entusiasta della line dura, di “massima pressione”, esercitata dall’amministrazione Trump. Gli analisti si interrogano sui prossimi passi che potrebbe compiere ora l’Arabia Saudita, dalla possibilità di stringere nuovi rapporti con la Cina soprattutto in ambito nucleare alla decisione di normalizzare i rapporti con Israele per ingraziarsi Washington.

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