Profitti triplicati per Amazon nel terzo trimestre del 2020. I guadagni del colosso dell’e-commerce sono cresciuti del 197% a 6,3 miliardi di dollari. Le vendite sono aumentate del 37% superando i 96 miliardi di dollari. I dati riguardano il periodo luglio e settembre, non tengono dunque conto degli incassi dell’ “Amazon prime day” che quest’anno si è svolto tra il 13 e il 14 ottobre. Inoltre i tre mesi considerati sono quelli in cui le misure restrittive per la pandemia erano più lasche, quindi mesi in cui il comportamento dei consumatori si è riavvicinato alla normalità. Il persistente boom di vendite e profitti sembra quindi indicare un ulteriore e duraturo spostamento delle abitudini di consumo verso gli acquisti on line. Nonostante dati “luccicanti” e migliori delle attese il titolo del gruppo di Jeff Bezos è debole in borsa. Segno che i mercati davano già per scontati risultati in netto miglioramento per la società.

A salire sono invece le azioni dell’altro colosso del web ossia Alphabet, che possiede Google. Il gruppo ha diffuso una trimestrale con un incremento dei ricavi pubblicitari da 33 a 37 miliardi di dollari oltre incassi in crescita per la controllata YouTube (da 3,8 a 5 miliardi) e per i servizi di Google Cloud (da 2,4 a 3,4 miliardi) grazie alla domanda di servizi digitali in aumento per la pandemia. Sprofonda viceversa Twitter dopo che il bilancio dei tre mesi estivi ha messo in evidenza una crescita degli utenti sotto le attese degli analisti.

Intanto si stanno facendo più pressanti le attenzioni di governi e regolatori nei confronti colossi internet. La commissione Ue lavora ad una regolamentazione più severa per i giganti del web tesa anche a spezzare posizioni monopolistiche che cannibalizzano i concorrenti sul mercato. Il prossimo 2 dicembre verrà presentato il Digital Services Act con nuove regole che dovrebbero garantire maggiore concorrenza. Dalla presentazione all’approvazione finale della riforma potrebbe però passare oltre un anno.

Oggi la commissaria europea alla Concorrenza Margrethe Vestager ha rincarato la dose affermando che le società dovranno rendere noto il modo in cui funzionano i loro algoritmi. “Le piattaforme più grandi dovrebbero fornire maggiori informazioni sul modo in cui funzionano i loro algoritmi, quando le autorità di regolamentazione lo richiedono”, ha spiegato , aggiungendo che “dovrebbero anche fornire alle autorità di regolamentazione e ai ricercatori l’accesso ai dati in loro possesso, inclusi gli archivi degli annunci”. Vestager ha sottolineato i rischi per i sistemi democratici che derivano da una selezione delle informazioni operata attraverso software messi a punto da singole società. “Quando i sistemi di raccomandazione scelgono quali informazioni promuovere e cosa nascondere, influenzano profondamente ciò che sappiamo del mondo. Quindi non possiamo lasciare che le decisioni che influenzano il futuro della nostra democrazia siano prese nella segretezza di poche sale riunioni aziendali”. Il prossimo

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