Un vertice per nuove restrizioni. Il governo, tre giorni dopo aver approvato il nuovo Dpcm, già valuta un ulteriore provvedimento di fronte all’accelerazione dei contagi da coronavirus registrata negli ultimi giorni: giovedì i nuovi casi sono stati 8.804 (record) e i morti 83 (raddoppiati), mentre oggi hanno superato per la prima volta quota 10mila. L’annuncio che una nuova stretta potrebbe essere alle porte arriva dal capo delegazione Pd al governo Dario Franceschini: “Ho chiesto ieri al presidente Conte una riunione appena sarà rientrato da Bruxelles per decidere senza indugio nuove misure nazionali per contenere il contagio, ovviamente d’intesa con le Regioni“. A preoccupare è soprattutto la situazione negli ospedali: mentre lo Spallanzani di Roma annuncia di poter accettare solo pazienti Covid a partire da oggi (seguendo quanto fatto dal Sacco di Milano solo 24 ore fa), l’Associazione nazionale degli anestesisti lancia l’allarme sui posti in rianimazione. “In dieci Regioni la tenuta delle terapie intensive è particolarmente a rischio”, dice il presidente Alessandro Vergallo. Non va meglio sul territorio, dove i medici di base chiedono ai cittadini “di considerare un autolockdown“. Il ministro della Salute Roberto Speranza certifica che “c’è una situazione seria“, ma chiarisce che “nessuna decisione è stata assunta in questo momento. Leggo un’abbondanza di indiscrezioni, ma noi siamo qui e analizziamo tutti i dati, ci confrontiamo con le Regioni. Lavoriamo per costruire risposte adeguate e misure ponderate. Il lavoro va fatto con serietà, con rigore, come abbiamo dimostrato di saper fare in questi mesi”.

Intervistato a margine di un evento a Fiorenzuola d’Arda, nel piacentino, il ministro ha tentato poi di spegnere le polemiche tra governo e Regioni esplose in queste ore. “La chiave per vincere e piegare il virus è la collaborazione istituzionale. Dobbiamo lavorare insieme ora dopo ora”, ha aggiunto, riferendosi ai governatori e agli esperti del Cts. Poi ha rassicurato sul dialogo costante tra il suo ministero e i capi delegazione del governo e ha ribadito che in questa fase spetta agli enti locali varare norme ancora più stringenti rispetto a quelle nazionali. “Ora tanti territori in queste ore hanno fatto delle scelte”, ha detto Speranza, che cita la città di Genova dove il presidente Toti “ha fatto un intervento puntuale su un’area”, ma anche “Zingaretti nella provincia di Latina”, così come “ieri ha fatto disposizioni il presidente De Luca. Dobbiamo lavorare il più possibile insieme“. Specie di fronte al fatto che “nessun territorio deve sentirsi fuori pericolo“, conclude il ministro. “È chiaro che ci sono territori che hanno numeri più alti, ma la soglia di attenzione deve essere alta dappertutto”. Come in Lombardia, dove il governatore Attilio Fontana si dice pronto a varare nuove regole su scuola e trasporti, mentre Stefano Bonaccini in Emilia sostiene di non avere “altre misure in mente” (almeno per ora).

Governo verso la stretta. “Ipotesi coprifuoco” – Secondo quanto trapelato finora, a Roma si sta comunque valutando l’ipotesi di imporre un coprifuoco alle dieci analogo a quello varato dal presidente francese Macron a Parigi e nelle città più colpite dalla pandemia, oltre alla didattica a distanza alle superiori e a nuove chiusure dove l’indice Rt è superiore a 1. Come ha dichiarato il consigliere del ministro Walter Ricciardi ora servono “decisioni importanti e urgenti. Occorre potenziare lo smartworking e tenere aperte le scuole, chiudendo le attività non essenziali come palestre e circoli. Data la situazione molto grave di circolazione del virus, abbiamo indicato chiusure mirate nelle regioni con altissima circolazione del virus”. Il coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Agostino Miozzo, però, smentisce un pressing degli esperti per superare le regole dell’attuale Dpcm in tempi rapidi. Ambienti vicini al Cts avevano riferito alle agenzie la richiesta di introdurre la nuova stretta già in vista del weekend. Miozzo e il segretario Fabio Ciciliano precisano: “L’attenzione comunque resta alta e il comitato tecnico scientifico è pronto e disponibile a discutere uno o più problemi qualora il governo richiedesse una convocazione urgente“.

I medici di base: “Valutare autolockdown” – “È giunto il momento che i cittadini considerino la necessità di un auto-lockdown per limitare al massimo il rischio di contagio a fronte dei numeri in preoccupante crescita” è l’appello lanciato alla popolazione da Silvestro Scotti, segretario generale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg). Ovviamente, chiarisce, “vanno preservate le attività lavorative ma tutto il resto, ciò che non è cioè necessario, in questo momento deve essere sacrificato in nome della salute pubblica”. Questo significa “limitare al massimo gli spostamenti e i contatti prevedendo, ad esempio, di fare la spesa una sola volta alla settimana e delegando sempre lo stesso componente della famiglia a svolgere questo compito se possibile. Tale membro sarà poi ‘attenzionato’ e monitorato in modo particolare per cogliere subito l’insorgenza di eventuali sintomatologie legate a Covid-19″. Ed ancora: “Bisognerebbe uscire solo se ve ne è stretta necessità e va evitata la socialità con amici e parenti nelle abitazioni”. Poi avverte che tra i medici di famiglia “stanno scarseggiando i dispositivi di protezione individuale dpi come mascherine, guanti e camici monouso“. Criticità già viste durante i primi mesi della pandemia e che ora rischiano di rallentare la somministrazione del vaccino antinfluenzale alle fasce di popolazione più a rischio. Le preoccupazioni di Scotti sono condivise anche dal presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli, secondo cui ora che è stata superata la soglia dei 10mila casi quotidiani, “sono necessarie misure più restrittive, facciamo appello al senso di responsabilità dei cittadini“.

L’allarme degli anestesisti – Una necessità condivisa da chi ha il polso della situazione degli ospedali. Vergallo, presidente nazionale dell’Associazione degli anestesisti e rianimatori (Aaroi-Emac), sottolinea che nelle terapie intensive di 10 Regioni “ci si sta avvicinando alla soglia massima fissata dal ministero della Salute del 30% di posti dedicati a malati Covid occupati. Tuttavia, ci troviamo in una situazione di allerta in tutte le Regioni perché si rischia, nel breve termine, una saturazione dei posti Covid se il trend dei contagi non si modificherà”. Nelle terapie intensive, avverte Vergallo, “la pressione sta crescendo e iniziamo a vivere la paura che si possa tornare alla situazione drammatica della prima fase epidemica”. Secondo il collega Mario Riccio, primario a Casalmaggiore e consigliere dell’associazione Coscioni, c’è anche il tema della “crisi di personale. Se letti e respiratori si possono acquistare il personale non si può creare, e tale mancanza è risultata fondamentale nella difficile gestione della prima ondata. Il rapporto ottimale paziente anestesista è di 1 a 4, quello paziente infermiere di 1 a 2. Già in condizioni di attività normali in Italia, secondo i dati Siaarti mancano all’appello 4mila anestesisti. In vista della seconda ondata occorre innanzitutto sospendere in alcune aree tutte quelle attività non urgenti e coinvolgere nel settore pubblico anche il personale delle strutture convenzionate minori (come le piccole case di cura), spostandolo nei reparti Covid, cose non avvenute in primavera quando il sistema è andato al collasso”.

Il report della Cattolica sulle rianimazioni – Dati alla mano, in Regioni come l’Abruzzo la situazione sembra in peggioramento: negli ospedali del territorio è stato saturato il 150% dei posti letto aggiuntivi implementati negli scorsi mesi per far fronte a un’eventuale seconda ondata del Covid. A rivelarlo è il report settimanale dell’Alta Scuola di economia e management dei sistemi sanitari dell’Università Cattolica che ha analizzato il numero di posti letto in terapia intensiva creati grazie al decreto 34/2020 del governo. Sono vicini alla capacità massima aggiuntiva anche Piemonte (83%), Marche (67%), Campania (66%), Toscana (65%) e Sardegna (63%). Le altre Regioni non presentano ad oggi particolari criticità, con tassi di saturazione lontani dal valore massimo. Sullo sfondo resta però in tutta Italia il problema della carenza di anestesisti, che finora non sono aumentati di pari passo con il rafforzamento delle rianimazioni. Prima dell’emergenza, evidenzia il coordinatore del dossier Americo Ciocchetti, il rapporto in Italia tra anestesisti-rianimatori e posti letto di Ti era di 2,5. Per ogni posto letto c’erano cioè 2,5 unità di personale. Dopo il rafforzamento delle terapie intensive, il rapporto è sceso a 1.6 (-0.9). Il valore più basso è in Calabria e Marche: 1,4 anestesisti per posto letto di Ti. Al contrario la regione che mantiene il rapporto più alto è il Friuli Venezia Giulia con 2 unità per posto letto.

Tutti numeri che però l’assessora alla Sanità abruzzese, Nicoletta Verì, rimanda al mittente. “Attualmente l’Abruzzo ha una dotazione complessiva di 123 posti letto di terapia intensiva, che accolgono sia pazienti Covid, sia pazienti non Covid (ovviamente con idonee misure di isolamento). Della dotazione aggiuntiva da istituire per il Covid 19 (per la quale il Commissario Arcuri ha nominato soggetto attuatore il Presidente della Regione solo la scorsa settimana), ne risultano formalmente attivati 7 (ma in realtà ad oggi ne sono stati attivati ulteriori, modulabili secondo le esigenze). Poiché i pazienti positivi ricoverati in terapia intensiva sono 10, ecco come è stato ricavato il dato del 150 per cento di saturazione”. L’assessora cerca quindi di rassicurare i cittadini, sostenendo che “il sistema è perfettamente in equilibrio e sotto controllo“.

Dalla Campania alla Lombardia, ecco le nuove regole – Per evitare che la situazione peggiori ulteriormente, a muoversi con misure più restrittive di quelle attuali sono gli enti locali. A partire dal governatore Vincenzo De Luca, che in Campania ha chiuso scuole e università fino al 30 ottobre nonostante le proteste della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. “Tutti i presidenti hanno autonomia di fare ordinanze più restrittive nelle modalità che ritengono. Ma se abbiamo condiviso che i due pilastri che dobbiamo tutelare sono scuola e lavoro e le ordinanze incidono su quegli ambiti, sarebbe opportuno un raccordo tra governo e regioni“, ha avvertito al termine della Conferenza Stato Regioni il ministro per le Autonomie Francesco Boccia. Campania a parte, è in Lombardia che sono in arrivo nuove restrizioni per impedire un’ulteriore diffusione del virus. “Il primo argomento è ridurre le persone sul trasporto pubblico locale” ad esempio con “una didattica a distanza non assoluta ma parziale“, ha annunciato Fontana, che però si dice “meno preoccupato” rispetto a marzo, “perché adesso abbiamo una maggior conoscenza di quello che sta succedendo, abbiamo migliori risposte dal punto di vista medico e conosciamo un po’ di più questo virus”. Per quanto riguarda la movida, l’ipotesi è di vietare “il consumo di bevande sul suolo pubblico dopo una certa ora”. Ulteriori limiti per lo sport di contatto “anche per i dilettanti” (compresi i settori giovanili) e l’aumento della “quota di smart-working nelle aziende”. In ogni caso, conclude Fontana, “le nuove misure non saranno drammatiche” e saranno le stesse “per tutto il territorio regionale”. A valutarle sarà “il Cts regionale convocato nel pomeriggio”, poi verranno inserite in un’ordinanza ad hoc in vigore dal 17 ottobre.

Nel frattempo qualcosa si muove anche in Valle d’Aosta e Alto Adige. dove alcuni territori sono stati dichiarati “zone rosse“. Mentre in Umbria la presidente Donatella Tesei si dice pronta al rafforzamento della didattica a distanza per i ragazzi delle superiori, Un’esortazione a sindaci e governatori è arrivata pure dal report dell’Istituto Superiore di Sanità che si riferisce al periodo che va dal 5 all’11 ottobre 2020. L’Iss parla di “evidenze di criticità nei servizi territoriali ed aumenti nel tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva”. Proprio per evitare che le strutture si ritrovino presto in sofferenza, è necessario che inizi una valutazione sui provvedimenti restrittivi da intraprendere: “Si invitano le Regioni, in raccordo con il ministero della Salute, a realizzare una rapida analisi del rischio, anche a livello sub-regionale, e di valutare il tempestivo innalzamento delle misure di contenimento e mitigazione”, si legge nel report.

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