C’è anche l’ex assessore comunale di Reggio Calabria Seby Vecchio tra gli arrestati dalla squadra mobile e dai carabinieri del Ros nell’ambito dell’inchiesta Pedigree 2 contro la cosca Serraino. È accusato di associazione mafiosa. Per il procuratore Giovanni Bombardieri e per i sostituti della Dda Stefano Musolino, Sara Amerio e Walter Ignazitto era lui il “politico di riferimento della cosca”.

Il clan gli assicurava “consistenti pacchetti di voti in occasione delle elezioni” e lui “sfruttava il ruolo di consigliere e assessore comunale per garantire favori ai membri della cosca di appartenenza e agli esponenti di altre articolazioni della ‘ndrangheta reggina”. L’operazione Pedegree 2 è il seguito dell’inchiesta che a luglio aveva portato all’arresto di 12 persone e tra questi il reggente della cosca Serraino, Maurizio Cortese, e la moglie Stefania Pitasi ritenuta promotrice del clan e “portavoce” sul territorio del marito detenuto. In quell’inchiesta, la polizia aveva arrestato anche Antonino Filocamo, il gestore di un bar ritenuto intraneo alla consorteria mafiosa. Poche settimane dopo l’ordinanza di custodia cautelare, però, Filocamo ha scelto di collaborare con la giustizia e le sue dichiarazioni sono state utilizzate dai pm per ricostruire un altro tassello del clan Serraino.

È stato proprio il nuovo pentito a spiegare che “Seby Vecchio una settimana prima che ci arrestassero ci rassicurò circa il fatto che non correvamo (noi del gruppo Serraino) particolari rischi giudiziari: parlò con me una domenica mattina dopo il mio rientro da Verona. Ci siamo visti a San Sperato al bivio dopo Cataforio”. Ma Seby Vecchio non era solo un politico. Assistente capo della polizia di Stato, infatti, l’arrestato avrebbe assicurato “protezione ai sodali” e avrebbe procurato “notizie riservate sulle indagini in corso”. Avrebbe inoltre agevolato – è scritto nel capo di imputazione – “la latitanza dei capi della cosca che intendevano sottrarsi alla cattura” e supportato “gli interessi economici del sodalizio e dei suoi capi, agevolando l’apertura di attività commerciali ed instaurando rapporti societari di fatto (tramite il ricorso a fittizie intestazioni) per consentire l’avviamento di nuove attività imprenditoriali e scongiurare il rischio di sequestri”.

Oltre a Seby Vecchio, il provvedimento di fermo è stato eseguito nei confronti di altri quattro soggetti. In carcere sono finiti Antonio Serraino detto “Nino”, Francesco Russo detto “Ciccio lo Scalzo”, Antonino Fallanca e Paolo Russo alias “Zamburro”. Quest’ultimo assieme a “Ciccio Lo Scalzo” organizzava “i riti di affiliazione dei nuovi adepti e di conferimento delle doti di ndrangheta, partecipando alle relative cerimonie”. Ritornando all’ex assessore arrestato, di lui ha parlato anche il collaboratore di giustizia Vittorio Giuseppe Fregona. Lo aveva fatto già nell’interrogatorio del 3 settembre 2009 quando “senza mezzi termini – scrivono i pm – aveva dato atto della mobilitazione della cosca Serraino per sostenerlo elettoralmente”. “Il politico Sebi Vecchio l’abbiamo fatto salire noi – aveva messo a verbale il pentito – e lui è salito grazie a noi. Abbiamo fatto una propaganda… spingendo in tutte le nostre conoscenze”.

Dopo essere stato eletto dalla ‘ndrangheta, secondo le accuse Vecchio voleva allontanarsi e non rispettare i patti. A proposito, sempre il pentito Fregona ha spiegato che “all’inizio voleva fare il bravo ragazzo Sebastiano Vecchio, allontanarsi ….gli hanno preso fuoco due macchine. Voleva fare tutto il bravo… Abbiamo chiamato dice gli hanno bruciato due macchine perché…ha fatto…il pezzo di merda come si dice… I favori sono posti di lavoro”. Di lui hanno riferito ai magistrati anche i collaboratori Carlo Mesiano (“….ogni politico reggino è appoggiato da una famiglia: ad esempio Vecchio Sebastiano è appoggiato dalla cosca Serraino”), Marco Marino (“…Nel periodo elettorale del 2006-2007 incontrai Alessandro Serraino che mi disse di non prendere impegni con nessuno in quanto la famiglia Serraino appoggiava Sebastiano Vecchio, candidato al Comune di Reggio Calabria: mi disse che ove fosse stato eletto il Vecchio ci avrebbe dato una mano a livello comunale”) e Mariolino Gennaro (“ricordo che ci fu questa campagna elettorale che loro sponsorizzavano questo Seby Vecchio”).

L’ex assessore è accusato anche di intestazione fittizia perché aveva intestato al figlio Mattia la titolarità e la formale disponibilità dei ricavi e del patrimonio aziendale riferibili alla “Al Mattyla Associazione Culturale Enogastronomica”che operava, di fatto, alla stregua di un esercizio commerciale per la somministrazione di cibi e bevande, quale “Ristorante Al Mattyla”. La realtà, secondo la Procura, è che i proprietari erano il boss Maurizio Cortese e Domenico Morabito. “La polizia di stato – ha spiegato il questore Bruno Megale – ha al proprio interno gli anticorpi capaci di neutralizzare gli elementi infedeli e le mele marce. L’arresto di Seby Vecchio e la più lampante testimonianza di questo”.

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