“Egregio presidente Sergio Mattarella le scrivo perché sono disperata e perché quello che mi è successo non deve più accadere”. Ilaria Sassone ha 31 anni e da sette mesi sta cercando di riportare in Italia il figlio Leonardo di appena 4 anni: il padre, nonostante la sentenza di affidamento alla madre del Tribunale di Firenze del 27 gennaio scorso, da febbraio è fuggito in Turchia con il bambino e si rifiuta di rientrare. Le battaglie legali, portate avanti in Italia dall’avvocata Giovanna Fava e in Turchia dalle colleghe Turan e Emmy Di Gioia, e l’interessamento del console italiano a Izmir non sono ancora bastati per sbloccare la situazione. Per questo Sassone ha deciso, il 23 settembre scorso, di rivolgersi al capo dello Stato con una lettera aperta. La missiva è stata indirizzata anche alla senatrice Pd Valeria Valente, presidente della commissione sui femminicidi e la deputata dem Antonella Incerti ha fatto un’interpellanza urgente. L’ex compagno è stato denunciato per sottrazione di minore e il tribunale di Firenze gli ha sospeso la potestà genitoriale per un anno in attesa della sentenza. Nel frattempo la mamma di Leonardo, davanti ai giudici turchi sta cercando di far valere la convenzione dell’Aja ed è in attesa.

Quella di Sassone, come raccontato a marzo da ilfattoquotidiano.it, è una storia di denunce per abusi e violenze psicologiche. Il padre, scrive la madre, “considera me e il figlio una sua proprietà”. “Il mio è un tema purtroppo ricorrente nel nostro Paese: le donne vengono da sempre invitate a denunciare i soprusi subiti e costantemente mai ascoltate”. Nel 2017 c’è la prima denuncia per maltrattamenti da parte di Ilaria Sassone nei confronti del compagno, che però non viene presa in carico: “Ho successivamente appreso che la mia denuncia verrà considerata una ‘banale lite domestica’ e così archiviata. Una giustizia che non vede e non vuole vedere la violenza”. L’udienza per l’affidamento arriva solo nel 2018: la consulenza tecnica d’ufficio depositata in quell’occasione chiede che Ilaria Sassone, nel frattempo scappata a casa dei genitori in provincia di Reggio Emilia, ritorni a Firenze dove viveva il padre del bambino. “Non tiene conto della violenza subita da me e Leonoardo”, continua la lettera. “Questo decreto è stato un inno al sistema patriarcale, una violenza istituzionale, una tutela per gli uomini che agiscono violenza sulle donne e sui figli, in un Paese che conta migliaia di femminicidi e violenze sui bambini ogni anno”.

Poco dopo però, ricorda Sassone nella lettera a Mattarella, “i Servizi Sociali di Reggello”, il paese in provincia di Firenze, “verificheranno che il padre parla con il bambino in tedesco e in turco e che la casa non ha neppure un armadio dove riporre le cose del bambino. Sarà la loro relazione a mettere in evidenza tutte le criticità della situazione paterna: una precaria situazione lavorativa ed abitativa, la mancanza di una rete familiare di supporto nella gestione quotidiana del figlio, la svalutazione della figura materna”. Quella relazione spingerà il tribunale a rivedere la sua decisione e, a fine gennaio scorso, arriva il decreto definitivo: stabilisce che il bimbo deve stare con la madre. Ma arriva troppo tardi: “Demir è già in Turchia con Leonardo”.

Iniziano così i sette mesi di ricerche. “Ogni azione per poter rintracciare Leo e riportarlo in Italia ha comportato atti, procedure, contatti con ambasciate, indagini investigative e avvocati che hanno costi inimmaginabili per una giovane donna, onesta, che chiede solo giustizia”. Sassone ha avuto l’appoggio della sua avvocata Giovana Fava e della sindaca di Novellara (Re) Elena Carletti, prima cittadina del suo paese. “Mi hanno fin da subito aiutata e supportata nell’intraprendere una raccolta fondi a sostegno delle spese iniziali dello staff legale in Turchia, in modo da poter avviare la procedura di rimpatrio di Leo ai sensi della Convenzione dell’Aja”. Ma ora non basta più.

“I contatti con Leonardo sono stati fin dall’inizio difficili”, spiega Sassone sempre nella lettera. “Ho fatto tutto quello che era legalmente ed umanamente possibile fare; anche quando abbiamo scoperto dove si trovava il bambino il Coronavirus mi ha impedito di raggiungerlo”. Per questo, “non appena i voli internazionali sono stati riattivati, ho organizzato con le legali il viaggio in Turchia”. Il 16 luglio 2020 arriva in Turchia, grazie all’assistenza delle avvocate Emmy di Gioia e Turan e il giudice che si occupa del rimpatrio di Leonardo, autorizza alla mamma di vedere il figlio per una settimana. “Ho dovuto riaccompagnare Leo dal padre il giovedì successivo, come stabilito dal provvedimento del giudice. Ad accompagnarmi, questa volta, c’era il Console italiano di Izmir, Valerio Giorgio, e il suo interprete: Demir ha atteso che l’ufficiale giudiziario se ne andasse per “mettere in guardia” il Console di non mettere più piede a casa sua. Della personalità, della condotta e delle caratteristiche paterne ne ha potuto rendersi conto personalmente anche l’autorità italiana in Turchia. Ma nonostante ed ancora una volta io abbia rispettato le regole, così non è stato poi per il padre che, una volta riavuto il bambino, ha nuovamente bloccato i contatti cercando di distruggere il mio ritrovato contatto con Leo, già minato da mesi di lontananza”.

E ora, dopo i mesi di ricerche, per Sassone sembra essere tutto ricominciato da capo. Per questo la lettera al presidente della Repubblica: “Dopo tutti questi mesi e dopo tutti i documenti prodotti, l’autorità centrale turca ha tutto quello che serve per decidere il rientro del bambino in Italia. Presidente, se sono arrivata a scriverLe è perché veramente non so più cosa fare e a chi chiedere aiuto. La prego, come Presidente di tutti i cittadini italiani e quindi anche mio e di mio figlio Leonardo, di fare tutto il possibile perché la situazione si sblocchi e Leonardo mi sia restituito”.

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