Una sorta di “cauzione” anche se nel codice penale italiano non esiste. A tre giorni dal no dei giudici del Tribunale del Riesame di Milano alle richieste della difesa dei commercialisti della Lega, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, emerge che entrambi, pur ritenendosi estranei alle accuse, hanno offerto 178mila euro. Una proposta che faceva parte della strategia difensiva per eliminare ogni dubbio sul comportamento dei due commercialisti che si definiscono estranei alle contestazioni del pm Stefano Civardi e del procuratore aggiunto Eugenio Fusco. I revisori contabili del Carroccio in Parlamento sono indagati nel caso Lombardia Film Commission con al centro la compravendita di un capannone a Cormano, rifilato all’ente pubblico, secondo gli inquirenti, a un prezzo gonfiato. Un affare che però ha portato gli investigatori delle Fiamme gialle ad analizzare anomale movimentazioni sui conti riferibili agli indagati e/o intestati al partito guidato da Matteo Salvini.

La scelta di offrire 178mila euro ciascuno, complessivamente il doppio della cifra di cui, per la Procura di Milano, si sarebbero appropriati indebitamente con la compravendita sarebbe una sorta di anticipo di risarcimento qualora dovessero essere giudicati colpevoli. In caso contrario, questo è il ragionamento, l’importo tornerebbe al mittente. In genere proposte simili, se accolte, hanno lo scopo di evitare il sequestro preventivo dei conti o altre iniziative che potrebbero essere ben più dannose. Inoltre in una eventuale sentenza di condanna potrebbero far scattare un’attenuante. I due professionisti, finiti ai domiciliari dal 10 settembre scorso insieme al commercialista Michele Scillieri e il cognato Fabio Barbarossa, sostengono che i 178mila euro contestati si riferivano a un’operazione immobiliare per una famiglia della Valseriana e che, in base a una perizia dello scorso agosto di due componenti dell’ente inglese Royal Institution of Chartered Surveyors, valeva davvero oltre 800mila euro. Intanto inquirenti e investigatori dedicheranno questa settimana all’analisi delle carte e a mettere a fuoco, magari convocando qualche testimone, alcuni aspetti della vicenda. Per domani è atteso il deposito della richiesta di sostituzione della misura cautelare del carcere in arresti domiciliari da parte del difensore di Luca Sostegni, il presunto prestanome del commercialista Michele Scillieri il cella dallo scorso luglio e che ha collaborato, con i suoi 5 interrogatori, alle indagini.

È da Scillieri, commercialista che ha domiciliato la Lega per Salvini premier in via Privata delle Stelline, che inizia la storia. Nel febbraio 2017 diventa curatore di una società sull’orlo del fallimento, la Paloschi srl, amministrata da Luca Sostegni, il primo fermato nell’inchiesta e interrogato già più volte dagli inquirenti con i quali sta collaborando per fare luce sulla vicenda. La Paloschi srl ha un’unica proprietà: un capannone malmesso a Cormano, a nord del capoluogo lombardo. Verrà presto venduto alla società Andromeda -formalmente amministrata da Fabio Barbarossa, cognato di Scillieri, ma in realtà in mano a quest’ultimo – per 400mila euro: dunque un uomo di Scillieri vende, e un altro uomo di Scillieri acquista.

Gli assegni, stando alla ricostruzione dell’accusa, non saranno mai incassati. Meno di un anno dopo, quell’immobile sarà rivenduto alla Lombardia Film Commission per 800mila euro. Un prezzo doppio rispetto a quanto Andromeda dichiara di averlo pagato. Il presidente della Lombardia Film Commission in quel momento, su nomina dell’allora governatore Roberto Maroni, è Di Rubba. Insomma, secondo i pubblici ministeri l’acquisto è stato fatto “ad un corrispettivo notevolmente superiore al reale valore di mercato” e con la restituzione, poi, “di una consistente porzione della provvista al presidente Di Rubba ed ai suoi sodali” attraverso passaggi di denaro ricostruiti nelle indagini.

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