Da una parte ci sono le valutazioni (e gli interessi) della Lega Calcio, dall’altra le priorità che il ministro della Salute è chiamato a tutelare. Proprio mentre il mondo dello sport si divide su cosa fare del match Juventus-Napoli – dopo la decisione della Asl campana di disporre la quarantena per tutti i giocatori azzurri e l’intenzione dei bianconeri di scendere comunque in campo – sul caso è intervenuto anche Roberto Speranza. “È già deciso che Juve-Napoli non si giocherà“, ha dichiarato il ministro a Mezz’ora in più su Rai3, senza esprimersi sull’eventualità che la Juve possa vincere la partita a tavolino o se sia necessario un rinvio. Speranza si è attenuto alle sue prerogative e ha solo ribadito quanto deciso dalla Als della Campania. Poi però ha attaccato: “Parliamo troppo di calcio. Lo dico con rispetto anche nei confronti di un pezzo di economia del Paese: so che intorno al calcio ci sono interessi e tante persone che vanno rispettate. Le cose importanti in questo momento però sono altre: è il lavoro degli ospedali e dei sanitari e l’attenzione alle nostre scuole, che sono un punto fondamentale di ripartenza del Paese. Un po’ meno calcio e un po’ più scuola, se possibile”.

Di fronte al rischio che il campionato di serie A venga sospeso, Speranza però assicura: “Il Cts in tutta sicurezza ha disposto delle norme che consentono al campionato di andare avanti”. La pensa così anche il ministro per lo Sport Vincenzo Spadafora, secondo cui “il protocollo proposto dalla Figc e validato dal Cts ha provato a mettere in sicurezza il calcio italiano per consentire la ripartenza da tutti auspicata. È evidente però che la situazione generale sia divenuta nelle ultime settimane ancor più complessa, tanto da non lasciare immune neppure il mondo del calcio nonostante le rigide regole adottate“. Riguardo al match tanto contestato, Spadafora rimanda la palla nel campo degli organismi sportivi. “Spetta a loro decidere sugli aspetti specifici del campionato, sia sulla decisione di stasera che su eventuali ricorsi futuri“. La vigilanza sanitaria, invece, “è demandata alle Asl”, come più volte ribadito nei verbali del Cts e nei Dpcm di Palazzo Chigi.

È proprio per questo che Speranza si è affrettato a chiarire che la partita “non si giocherà”. Nel corso dell’intervista su Rai3, il ministro è poi tornato più volte sulla necessaria subalternità del calcio rispetto all’istruzione. Una tesi che è alla base della decisione del governo di non autorizzare un eccessivo aumento della capienza di pubblico negli impianti sportivi. “Sono contrario alle proposte di aprire gli stadi a migliaia di persone, questo esporrebbe le persone a un rischio vero”. Il confronto va sempre fatto con il mondo della scuola, spiega. “Se dobbiamo correre un rischio perché le scuole riaprono sono d’accordo, ma se dobbiamo correrlo per portare decine di migliaia di persone allo stadio sono contrario. È un rischio che non possiamo permetterci. Sono della linea della prudenza, che non significa non fare le cose, ma farle passo dopo passo”. In questa fase, aggiunge, le attenzioni di Palazzo Chigi sono tutte concentrate per “tenere le scuole aperte“. “Finora negli istituti si sono registrati un migliaio di casi, ma è del tutto evidente che ce ne saranno molti altri nelle prossime settimane. Proveremo a essere il più veloci possibile nell’intervenire”. Per ora si tratta di numeri “ancora assolutamente sostenibili“, ha commentato Speranza. Serve però una “relazione organica e non episodica fra il Servizio sanitario nazionale e il sistema scolastico” affinché ci sia sinergia tra le autorità preposte ad agire in caso di nuovi contagi.

Il ministro poi è tornato a parlare dei mesi più duri dell’emergenza sanitaria, respingendo l’eventualità di incrementare i controlli con il coinvolgimento dell’esercito. È stata “la democrazia a permettere di piegare la curva” dell’epidemia in Italia, portandoci “a una situazione che è migliore di altri Paesi”. A suo parere, però, serviranno ancora tanti mesi per sconfiggere il Covid-19. “La sfida di fondo è puntare sulla persuasione e la consapevolezza“, specie ora che il numero dei contagi è tornato a salire. “Dobbiamo essere uniti” per vincere la sfida, ha ricordato Speranza. “Un lockdown generalizzato come quello di marzo produrrebbe un costo sociale, economico e culturale per il Paese che non dobbiamo permetterci, dobbiamo lavorare per evitarlo“. È anche per questo che “si sta valutando” l’ipotesi di introdurre “l’obbligo di mascherina in tutta Italia anche all’aperto“. “Ci sarà un passaggio parlamentare martedì e il governo farà le sue scelte solo dopo il passaggio parlamentare“. In chiusura il ministro ribadisce la sua posizione favorevole a chiedere i fondi del Mes: “Per me è evidentemente sì. Se si tratta di risorse per il Servizio sanitario nazionale, il ministro della Salute dirà sempre sì“.

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