Il governo di Alexandr Lukashenko continua a sbarazzarsi dei suoi dissidenti. Tra quelli deportati all’estero, precisamente in Ucraina, doveva esserci anche Maria Kolesnikova, che però ha strappato il passaporto prima di essere trasferita con la forza e contro la sua volontà fuori dal Paese. A prelevarla, ha rivelato, sono stati agenti del Kgb, che le avevano messo un sacco in testa e minacciavano di ucciderla. “Dicevano che se mi fossi rifiutata di lasciare volontariamente la Bielorussia, sarei stata comunque portata fuori dal paese: viva o a pezzi”, racconta Kolesnikova, che è membro del presidium del Consiglio di coordinamento dell’opposizione bielorussa ed è accusata di aver tentato di “usurpare illegalmente il potere”. Al momento, ha fatto sapere il padre, si trova in carcere a Minsk ed è la prima del ‘direttorio’ (presidium, in russo) a dover rispondere di un’accusa tanto grave. L’ex candidata alle presidenziali Svetlana Tikhanovskaya, dal canto suo, ha chiesto l’immediato rilascio degli attivisti bielorussi detenuti.

Ma Lukashenko ha ormai deciso per il pugno di ferro. Con qualche ambiguità qua e là, come la sparata in cui apre (ancora) a nuove elezioni presidenziali ma solo dopo la convocazione dell’Assemblea del Popolo, a fine anno. La linea però è chiara: “Lasciate che ve lo dica da uomo, in modo che sia chiaro. I miei critici spesso dicono: ‘non rinuncerà al potere’. Hanno ragione. Non è per questo che il popolo mi ha eletto”, ha detto presentando il nuovo procuratore generale. “Il potere non viene dato in modo che uno poi lo ceda“, ha poi aggiunto, secondo quanto riporta Interfax.

Lo scudo dei diplomatici Ue per Alexievich – Intanto nel mirino del regime è finita da giorni anche il premio Nobel Svetlana Alexievich, autrice anche di “Preghiera per Černobyl'”, dal quale è stata tratta la miniserie Chernobyl sul disastro nucleare. Un gruppo di diplomatici europei è corso in suo aiuto dopo che la scrittrice ha detto che uomini mascherati avevano cercato di fare irruzione nel suo appartamento a Misk. “Le molestie, gli arresti e l’esilio forzato dell’opposizione in Bielorussia sono una grave violazione delle proteste pacifiche contro il regime bielorusso. Sono felice di condividere questa foto scattata un momento fa a Minsk con Svetlana Alexievich circondata da diplomatici europei, tra cui un diplomatico svedese”, ha scritto la ministra degli Esteri svedese Ann Linde, condividendo l’immagine su Twitter. Il Consiglio di coordinamento dell’opposizione bielorussa ormai “è decapitato – ha aggiunto -, 4 dei membri del presidium sono agli arresti, due sono all’estero, in libertà è rimasta solo Svetlana Alexievich“.

Ma la scrittrice, che non ha intenzione di lasciare il Paese, non si è limitata a chiedere aiuto e protezione. “Voglio rivolgermi all’intellighenzia russa, chiamiamola così, secondo l’antica tradizione: perché tace?”, si è domandata sfidando al contempo i ‘fratelli maggiori’ di Mosca. “Sentiamo solo raramente una voce di sostegno. Perché tacete quando vedete un piccolo popolo orgoglioso che viene calpestato? Siamo ancora vostri fratelli. E voglio dire al mio popolo che gli voglio bene: sono orgoglioso di loro”, ha continuato la Alexievich smentendo le affermazioni delle autorità secondo cui il Consiglio dell’Opposizione avrebbe progettato “un colpo di Stato”: “Vogliamo solo far partire un dialogo nella società”.

L’appuntamento tra Lukashenko e Putin – Adesso tutti i riflettori sono puntati sull’imminente visita di Lukashenko a Mosca, opportunamente preceduta da un’intervista rilasciata a quattro media russi, tra cui l’emittente multilingua finanziata dal Cremlino RT. Il leader bielorusso, che prima delle elezioni aveva adottato un tono critico con Mosca, ora ha cambiato registro e ha rispedito in patria con tante scuse i 33 russi arrestati perché accusati di essere mercenari della Wagner in missione per creare disordini. Il timore è che il Cremlino voglia mettere definitivamente le mani sulla Bielorussia con una specie di annessione mascherata da partenariato rafforzato. Ipotesi smentite dal portavoce di Putin, Dmitry Peskov. “Non abbiamo nessuna intenzione di inghiottire la Bielorussia”, ha assicurato.

Putin, secondo gli analisti, è pronto a capitalizzare la debolezza di Lukashenko in questa fase, probabilmente per ottenere quell’integrazione monetaria alla quale l’’ultimo dittatore d’Europa ha finora resistito, facendo cadere il tabù del rublo bielorusso.
A Minsk intanto è palpabile la frustrazione dei diplomatici europei e occidentali dinanzi all’ostinato rifiuto di Lukashenko di dialogare con qualsiasi leader internazionale, a parte Putin: né il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, né l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell né la cancelliera tedesca Angela Merkel sono riusciti a parlargli direttamente. Il punto è, chiosano gli analisti, che “la Bielorussia non sta abbastanza male e ha troppo poco da perdere per liberarsi una volta per tutte di Lukashenko, il Paese è diviso e la maggioranza è impaurita”.

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