Le poste americane intervengono nel dibattito in corso tra il presidente Donald Trump e i Democratici sulla possibilità di ricorrere al voto per posta in occasione delle prossime elezioni di novembre. Un’ipotesi fortemente respinta dal tycoon che da settimane denuncia la possibilità di condizionare il voto, preoccupato in realtà dal ricorso a questo servizio soprattutto dalla popolazione afroamericana, favorendo il voto delle comunità nere d’America in larga parte contrarie a un secondo mandato del repubblicano. In una lettera inviata a luglio e citata dalla Nbc, il consigliere generale Thomas Marshall ha scritto a tutti i 50 Stati che i milioni di voti spediti via posta potrebbero non arrivare in tempo per essere conteggiati.

Un’ipotesi che rischierebbe di invalidare il voto americano. “Alcune scadenze – è scritto nella lettera – potrebbero essere incompatibili con i nostri servizi di consegna“. Diciotto di questi Stati, inclusi Arizona, Florida e Michigan, hanno confermato di aver ricevuto la missiva e di averla condivisa con l’emittente. Vermont, Wisconsin e Kentucky hanno invece dichiarato di non averla avuta. “Le scadenze per la richiesta e la trasmissione delle schede elettorali per posta sono incompatibili con gli standard di consegna del servizio postale – è scritto nella lettera – Questa discrepanza crea il rischio che i voti non arrivino in tempo per essere conteggiati in base alle leggi dei vostri Stati”, hanno concluso dall’Usps che dal 1971 è stata trasformata in agenzia indipendente, anche se nove delle undici nomine nel board, che a sua volta elegge il direttore generale, sono presidenziali con appoggio del Senato. Sono decine di milioni gli americani con i requisiti per votare via posta alle presidenziali. Un bacino che, a causa della pandemia di coronavirus, in molti Stati è ulteriormente aumentato.

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