“Sono contrario al Raggi-bis. Nel metodo e nel merito”. Enrico Stefano, esponente di spicco del M5s romano ed ex vicepresidente dell’assemblea capitolina, esce allo scoperto. E mette in risalto l’altra faccia della ricandidatura di Virginia Raggi in Campidoglio. Ovvero, la “non totale” coesione dei pentastellati capitolini attorno alla decisione della sindaca di Roma. Mentre nelle chat da due giorni si rincorrono messaggi poco entusiasti sulla presa di posizione della prima cittadina, questa mattina Stefano ha pubblicato su Facebook un lungo post in cui analizza tutti i motivi che lo spingono a dichiararsi “contrario”. Candidandosi di diritto – a questo punto – a guidare la truppa degli scontenti in Aula Giulio Cesare (e non solo). Stefano è uno dei reduci – con Marcello De Vito, Daniele Frongia e la stessa Raggi – dal mandato all’opposizione di Ignazio Marino, ex presidente facente funzioni dell’Assemblea Capitolina (mentre De Vito era in carcere) e marito dell’attuale assessora ai Servizi Sociali, Veronica Mammì.

Nel suo post, il consigliere rivanga l’espulsione, nel 2018, di Fabio Fucci, che da sindaco M5s di Pomezia (in provincia di Roma) annunciò la sua ricandidatura senza il benestare dei vertici, in una situazione totalmente sovrapponibile a quella attuale di Raggi – primo giro di consigliere d’opposizione non completato e mandato da sindaco portato a termine – affermando che “sindaci che proposero la stessa cosa qualche anno fa furono cacciati dal Movimento e accusati di poltronismo, cosa è cambiato oggi?”. Poi attacca Paolo Ferrara, ex capogruppo tra i “folgorati sulla via del Raggi bis” che “fanno un post al giorno in suo sostegno con paragoni improbabili” mentre “fino all’altro ieri remavano contro e chiedevano la sua testa”. Stefano dice che avrebbe “voluto mettere le idee al centro prima delle persone” e “fare un percorso dal basso coinvolgendo chi ha capacità e voglia”. Il riferimento è a Monica Lozzi, presidente del Municipio VII, uscita dal M5s poche settimane fa, che ha annunciato la sua candidatura civica sostenuta da Gianluigi Paragone. Ce n’e’ anche per la gestione del caso De Vito, il presidente d’Aula a processo nell’inchiesta sullo stadio dell’As Roma: “Basta con questo mito dell’onesta’ mentre il presidente dell’Assemblea capitolina sta a processo per corruzione”.

Stefano, come detto, non è l’unico scontento. Il consigliere regionale Devid Porrello, all’Ansa, ha riferito che al quesito su Rousseau “voterò contro” perché si tratta di “una modifica ‘ad personam’”. Fra lunedì e martedì sono molti i consiglieri e gli assessori a non essere usciti a sostegno di Raggi. Fra gli altri mancano all’appello Gemma Guerrini, Angelo Sturni (che aveva annunciato di volersi candidare alle poco probabili ‘comunarie’), Eleonora Guadagno, lo stesso Marcello De Vito; mentre fra gli assessori – oltre a Mammì – non si sono ancora sentiti il vice sindaco Luca Bergamo e quello al Commercio, Carlo Cafarotti. Sulle pagine romane di Repubblica sono stati riportati alcuni stralci di conversazioni whatsapp in cui alcuni consiglieri manifestavano il loro malcontento. Lo stesso deputato Francesco Silvestri – che ha il compito di far da trait d’union fra Roma e il nazionale, affermava che “non sono ancora uscito perché tecnicamente Virginia non è ancora la candidata del M5s. Contattato da Ilfattoquotidiano.it, Silvestri chiarisce: “Se fosse così non voteremmo su Rousseau”. Poi attacca: “È ipocrita criticare oggi Raggi perché si ricandida dopo averla appoggiata per oltre 4 anni. Il Pd? Ci hanno fatto la gentilezza di autoescludersi, ma io non li avrei voluti come alleati, perché il Pd romano non ha ancora compiuto i passi avanti necessari”.

Quali effetti potranno avere questi mal di pancia sulla ricandidatura di Virginia Raggi? Pochi o nessuno, in realtà. Perché nessuno di loro – a quanto ripetono – è intenzionato ad abbandonare o, peggio, a sfiduciare la sindaca prima della fine del mandato. Né tantomeno qualcuno ha potere decisionale rispetto al quesito che da domani 13 agosto sarà online sulla piattaforma Rousseau. Qualche “dispetto” però, potrebbe esserci su alcune delle prossime delibere che la sindaca ha intenzione di utilizzare in campagna elettorale, su tutte quella –decisiva – sul via libera allo stadio di Tor di Valle.

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