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Migranti, Di Maio blocca 6,5 milioni di fondi a Tunisia: “Prima serve svolta sulle partenze”. E chiede di “mettere fuori uso i barchini”

Il ministro degli Esteri sceglie la strategia del pugno duro nei confronti di Tunisi, nel tentativo di ottenere maggior cooperazione nel controllo dei flussi migratori. Poi chiede un intervento dell'Ue "tanto in termini di riammissione che di riduzione delle partenze irregolari"

Stop ai fondi per la cooperazione allo sviluppo fino a quando la Tunisia non dimostrerà una maggiore collaborazione nel contrasto alle partenze dalle sue coste. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha scelto la strategia del pugno duro nei confronti del governo di Tunisi, dopo il nuovo boom di arrivi registrato a luglio. Una linea già intrapresa giovedì, quando ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore tunisino chiedendo maggiori controlli sulle coste del Paese nordafricano e una rapida ripresa dei rimpatri.

“Vi chiedo di sospendere questo stanziamento da 6,5 milioni di euro in attesa di un piano integrato più ampio proposto dalla viceministra del Re e di un risvolto nella collaborazione che abbiamo chiesto alle autorità tunisine in materia migratoria”, ha detto il ministro pentastellato al comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo della Farnesina. “Siamo tutti perfettamente consapevoli – ha aggiunto – dell’importanza della cooperazione per lo sviluppo verso alcuni Paesi, anche al fine di prevenire flussi migratori incontrollati, ma in questa fase in cui a Tunisi, che ricordo essere un porto sicuro, stiamo avanzando chiarimenti circa l’incremento degli sbarchi verso l’Italia è bene avere un approccio a 360 gradi. Anche perché si tratta di interventi a favore delle comunità locali, fondamentali per contenere il rallentamento dei flussi”.

Il nuovo premier tunisino incaricato, Hichem Mechichi, parlando all’agenzia di stampa Tap, ha garantito che “l’immigrazione illegale verrà contrastata, sia per quanto riguarda quelli che arrivano in Tunisia, sia in merito a chi vuole partire verso i Paesi europei sui barconi della morte”. E sposando le posizioni di Di Maio, ha confermato che l’obiettivo dell’esecutivo maghrebino è quello di “compiere tutti gli sforzi necessari, nella speranza che ogni tunisino possa trovare un’opportunità nel suo Paese in modo da non dover salire sui barconi della morte”.

È ottimista la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, che al termine dell’incontro con l’omologo francese Gerald Dermanin ha spiegato: “Sono appena tornata dalla Tunisia e con il ministro dell’Interno e il capo del governo tunisini abbiamo convenuto di incrementare fin dal mese di agosto il numero dei rimpatri che per il Covid prima erano stati interrotti, poi erano ripresi con numeri ridotti. Oggi, con l’accordo fatto a Tunisi, verranno ripresi i rimpatri nei numeri previsti pre-Covid”.

Ma il capo della Farnesina, parlando al Corriere della Sera, vuol tenere alta la tensione e l’attenzione sul tema sbarchi, tanto da dichiararlo, visto anche il “rischio sanitario”, un “tema di sicurezza nazionale”: “Quanto accaduto a Caltanissetta e a Porto Empedocle deve far pensare”, ha aggiunto. Chi è sottoposto a quarantena “non può pensare di violare le regole italiane e andarsene in giro liberamente. Vale per chi ha diritto alla protezione internazionale così come per chiunque altro”.

Il ministro ha però mostrato un approccio diverso e in discontinuità rispetto a quello tenuto da Matteo Salvini durante la sua permanenza al Viminale, spiegando che “non dobbiamo pensare a come fermare gli sbarchi, ma a come bloccare le partenze. Questo è il nodo che stiamo affrontando già a livello governativo. Anche perché la Tunisia è un Paese sicuro e chi parte per l’Italia viene rimpatriato. Non sarà regolarizzato nessuno“. E chiede di lavorare “subito ad un accordo con le autorità tunisine affinché sequestrino in loco e mettano fuori uso barchini e gommoni utilizzati per le traversate, perché le imbarcazioni che stanno arrivando sono di questo tipo qui, cosiddette fantasma, spesso sfuggono ai radar”.

Il modello da emulare in tema di accordi è quello con l’Albania, dice il ministro: “Dobbiamo fare un accordo di cooperazione migratoria con la Tunisia che ci consenta di seguire il modello albanese degli anni ’90/inizio 2000, quando l’Italia ha raggiunto degli accordi con l’Albania che hanno portato a fermare, sequestrare e affondare le barche che si utilizzavano per la traversata e per venire in Italia. Quello è stato un punto di forza per il fenomeno migratorio dall’Albania”.

Un ruolo fondamentale sarà anche quello che dovrà svolgere l’Unione europea, nel tentativo di alleggerire la pressione migratoria sui Paesi del Mediterraneo. Il governo chiede a Bruxelles un ruolo proattivo “tanto in termini di riammissione che di riduzione delle partenze irregolari”. La redistribuzione “era già in vigore, poi sospesa durante il picco della pandemia, ma ora il picco fortunatamente in Italia è passato e il nostro confine meridionale, lo ricordo, è un confine europeo oltre che italiano“, ha concluso il capo della diplomazia.