“È la prima volta che viene riconosciuta a livello giudiziario la presenza della ‘ndrangheta in Valle d’Aosta“. Commenta così il pm Dionigi Tibone le 12 sentenze di condanna emesse al termine di uno dei processi nati dall’inchiesta Geenna sulle infiltrazioni mafiose in Regione. La pena più elevata – 12 anni e 8 mesi – è stata inflitta a Bruno Nirta, considerato dalla Dda di Torino il vertice della cosca ad Aosta. Fra gli imputati anche un avvocato penalista torinese, Carlo Maria Romeo, condannato a 4 anni e sei mesi di reclusione. Per lui è caduta l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e i suoi legali hanno annunciato di voler presentare istanza di scarcerazione.

Le testimonianze dei pentiti e le indagini condotte dalla Dda hanno quindi permesso di dimostrare che in Valle d’Aosta la ‘ndrangheta esiste “da una vita”. Qui era attiva una locale a tutti gli effetti con legami con i clan presenti nel torinese, ma anche con ambienti della politica e dell’imprenditoria. Il procedimento si è svolto a Torino con rito abbreviato su richiesta degli imputati ed è terminato nel primo pomeriggio di oggi con la lettura della sentenza da parte del gup Alessandra Danieli. Le accuse, a vario titolo, sono quelle di associazione di tipo mafioso, estorsione tentata e consumata, traffico di droga, detenzione e ricettazione di armi, tentato scambio elettorale politico-mafioso. Disposto il pagamento della provvisionale nei confronti delle parti civili: 10mila euro vanno alla Regione Valle d’Aosta e al Comune di Saint Pierre, mentre 5mila all’associazione Libera. Secondo Tibone, presente oggi in aula in rappresentanza della Procura, “l’impianto accusatorio è stato sostanzialmente confermato”, anche se i pm al termine della loro requisitoria avevano chiesto condanne fino a 20 anni di carcere.

Restano però da chiarire alcuni punti, soprattutto i rapporti della ‘ndrangheta con la politica locale. Ad Aosta è ancora in corso il dibattimento per i 5 imputati che hanno scelto il rito ordinario, tra cui Monica Carcea, ex assessore alle finanze del Comune di Saint-Pierre, e Marco Sorbara, ex assessore comunale alle Politiche sociali ad Aosta. Un’altra inchiesta, chiamata Egomnia, sta invece prendendo in esame presunti casi di condizionamento delle elezioni regionali del 2018.

Articolo Precedente

Piazza San Carlo, confermata in appello la condanna a 10 anni per i 4 ragazzi accusati di aver scatenato il panico con lo spray urticante

next
Articolo Successivo

Coronavirus, la Regione Lazio vince la battaglia dei tamponi. Il Consiglio di stato: “Stop a esami nei laboratori privati”

next