“Quell’uomo… di Giletti e quel… di Di Matteo stanno scassando la minchia“. E’ l’11 maggio e a parlare, mentre è in carcere, è il boss mafioso Filippo Graviano, condannato per le stragi del ‘92 e del ‘93. La sera prima aveva visto la trasmissione “Non è l’Arena” di Massimo Giletti e, durante l’ora d’aria, commenta una delle puntate dedicate alle scarcerazioni dei boss durante l’emergenza coronavirus e alla mancata nomina del magistrato alla guida del Dap da parte del guardasigilli Alfonso Bonafede nel giugno del 2018. A rivelare il retroscena, scrive Repubblica, è il giornalista Lirio Abbate nel suo nuovo libro ‘U siccu’ su Matteo Messina Denaro.

L’11 maggio, il giorno dopo la seconda puntata di Giletti sul tema scarcerazioni, Graviano parla con lo ndranghetista Maurizio Barillari nel carcere de L’Aquila. Parlano a voce alta: vogliono, evidentemente, farsi sentire. Gli uomini del Gom, il reparto mobile della polizia penitenziaria, hanno ascoltato le sue parole e stilato una relazione. “Il ministro fa il suo lavoro e loro rompono i…Le loro proposte ideologiche non sono a favore di qualcuno o di qualcun’altro”, dice Graviano. “La sera del 10 maggio – scrive il Gom – quasi tutti i detenuti al 41 bis erano davanti al televisore“. Graviano, continua il giornalista de l’Espresso, se la prende anche con lo stesso Abbate che aveva partecipato alla stessa puntata. Nel carcere milanese di Opera, invece, è Benedetto Capizzi che insulta Rita Dalla Chiesa, anche lei partecipante alla trasmissione. Poi se la prende con i giornalisti che stanno raccontando il caso scarcerazioni: “E’ colpa loro, se no a quest’ora stavo fuori anche io”. Dopo la pubblicazioni delle intercettazioni, Giletti ha commentato: “Prendo atto che mi abbia chiamato poco fa il ministro della Giustizia Bonafede e sono contento che lo abbia fatto, ma ribadisco che forse avrei dovuto sapere prima delle minacce del boss Graviano nei miei confronti. Mi sarebbe piaciuto non apprenderlo da un giornale ma che qualcuno mi chiamasse per dirmelo…”

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