Cultura

Boccioli bianchi fatti di buste di plastica riciclata: a Pavia la mostra “Per fare il mare ci vuole un fiore”. L’artista: “Vita leggibile da ciò che si butta”

L'installazione d'arte contemporanea è stata voluta dall’assessorato alla cultura della città lombarda. A realizzarla Claudia Borgna, con una formazione che va dall'arte povera, alla land art, al minimalismo: "Condivido quanto dice Suzanne Lacy, che mi ha insegnato molte cose. Per lei l’arte è un’occasione di espressione pubblica, politica e personale dove tutto si intreccia. È opportunità per creare dialogo”

di Elisa Cornegliani

Fiori bianchi, alti come persone. Sono fatti con sacchetti di plastica riciclata e da qualche giorno punteggiano il Parco della Vernavola di Pavia. Si distinguono fra il verde di alberi e foglie, la gente si ferma a guardarli, sembrano apparsi dal nulla. Le reazioni sono diverse. Qualcuno fotografa, qualcuno commenta entusiasta. C’è chi apprezza e chi è perplesso. Tutti sono incuriositi. È la mostra “Per fare il mare ci vuole un fiore”, firmata dall’artista Claudia Borgna e voluta dall’assessorato alla cultura della città lombarda e che durerà fino al mese di ottobre. “Un’occasione per incentivare il rapporto con il parco”, spiega Borgna a IlFattoquotidiano.it

Le installazioni resteranno fino a ottobre: “Soprattutto in questo periodo è prezioso, perché essendo all’aperto e pubblico può rappresentare un luogo di rinascita spirituale e culturale”, continua l’artista. “E poi, io ci vedo anche la possibilità di condividere l’arte contemporanea con tutta la cittadinanza, non solo con gli appassionati”. Realizzare opere che interagiscono con l’ambiente è la sua specialità, da quando ha cominciato a studiare Fine Arts, a Londra. Una formazione, la sua, che passa attraverso molte influenze: “L’arte povera, la land art, il minimalismo, dal quale ho preso la propensione a usare meno materiali possibili. Ma soprattutto il movimento eco-femminista, che dà voce alle donne, poco rappresentate nel mondo dell’arte, e che sposta l’attenzione sull’importanza della natura”.

Fra i suoi primi lavori, un prato tutto ricoperto di sacchetti bianchi di plastica. Anche allora, tutti riciclati. “Dalle cose che buttiamo via si possono leggere le nostre vite. Cosa mangiamo, cosa beviamo, come ci vestiamo, se stiamo male o bene. Con il tempo, ho capito che il sacchetto era il simbolo che racchiudeva tutto quello che intendevo dire”, continua. L’oggetto protagonista del consumismo, usato per lo shopping. Ma anche il rifiuto che ne contiene altri. “Quindi, ho iniziato a raccoglierli dove li trovavo e a usarli per le mie opere. Nei primi momenti li ho comprati, soprattutto se mi commissionavano lavori su ampia scala. Ma sempre più spesso li raccolgo da terra, ne trovo in giro. La gente che mi conosce li tiene da parte e me li dà quando ci incontriamo. Ora ho un magazzino pieno”. Quelli che compongono i fiori della Vernavola sono già stati presenti in molte altre mostre: “Li ho già utilizzati in passato e li riuserò in futuro. Ho cercato di disporli in modo tale che stiano al riparo dai raggi del sole, per evitare che vengano danneggiati. Bisogna prendersene cura”, prosegue Borgna.

L’idea è quella di creare un’interazione con chi passa per i sentieri del parco, inteso come spazio alternativo per diffondere cultura. Suscitare una riflessione sul riciclo, ma anche e soprattutto sul consumo. “Condivido quanto dice Suzanne Lacy, che mi ha insegnato molte cose. Per lei l’arte è un’occasione di espressione pubblica, politica e personale dove tutto si intreccia. È opportunità per creare dialogo”.

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