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Liguria, la Consulta dichiara illegittima parte della legge “taglia-parchi”. Le associazioni: “Debacle clamorosa della Regione”

La norma, proposta tra le polemiche dall’assessore leghista Stefano Mai, era stata impugnata dal governo Conte dopo l'esposto degli ambientalisti. Prevedeva la riduzione dei confini di molte aree naturali per un totale di 540 ettari. Ma secondo la Corte costituzionale il Consiglio regionale non può farlo protette senza coinvolgere preliminarmente gli enti parco e gli enti locali. Esultano Wwf, Italia Nostra e la Lega per l’abolizione della caccia
Liguria, la Consulta dichiara illegittima parte della legge “taglia-parchi”. Le associazioni: “Debacle clamorosa della Regione”
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La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di alcune parti della legge regionale “taglia-parchi” della Liguria, entrata in vigore lo scorso anno e con la quale si modificava la precedente legge 12 del 1995 che disciplina le Aree protette nella Regione. Contestati, in particolare, quattro articoli (7,8,10,31) della legge 3 del 19 aprile 2019, nelle parti in cui – tra le altre cose – si riducevano i confini dei parchi regionali per circa 540 ettari, senza coinvolgere preliminarmente gli enti parco e gli enti locali. “Si tratta di una debacle clamorosa della regione Liguria, per l’approssimazione della giunta e della dirigenza regionale, che hanno predisposto una legge regionale raffazzonata e zeppa di violazioni della legge quadro statale sulle aree protette – hanno commentano in una nota congiunta Wwf, Italia Nostra e Lega per l’abolizione della caccia – con disprezzo per le esigenze di salvaguardia del nostro patrimonio naturale”.

LA DECISIONE DELLA CONSULTA – Con la sentenza 134, la Corte Costituzionale ha censurato alcuni capisaldi del provvedimento del Consiglio Regionale della Liguria, proposti dall’assessore Stefano Mai (Lega). Si tratta di modifiche con le quali si riducevano i confini dei parchi regionali di Alpi Liguri, Antola, Aveto, Beigua. “Il mancato coinvolgimento degli enti locali – si legge nella sentenza – costituisce un vizio della fase procedimentale, che si trasferisce alla legge”. Come spiegano le associazioni ambientaliste, con il provvedimento si violava poi la normativa statale “che prevede che il piano del parco prevalga su tutti gli altri strumenti di pianificazione territoriale, si modificava il funzionamento delle comunità del parco” e “si cancellavano i riferimenti alle aree protette di interesse locale”. La Corte Costituzionale ha anche fissato il principio in base al quale le convenzioni dei singoli parchi con associazioni che gestiscono guardie volontarie “non possono surrogare gli obblighi di sorveglianza pubblica da parte dell’ente parco” mentre, proseguono gli ambientalisti, “la Regione escogita continui espedienti per non bandire concorsi per guardia parco, previsti sin dal 1995”.

LA POSIZIONE DEL GOVERNO – Dopo le proteste divampate durante l’iter di approvazione della legge, a maggio scorso, le associazioni avevano inoltrato un esposto al governo Conte, che a giungo aveva deliberato l’impugnativa presso la Corte Costituzionale per le ‘Modifiche alla legge regionale 12 del 22 febbraio 1995 (Riordino delle aree protette) e alla legge regionale 28 del 10 luglio 2009 (Disposizioni in materia di tutela e valorizzazione della biodiversità). “Varie norme che riguardano il procedimento istitutivo, l’organizzazione amministrativa, la perimetrazione, la vigilanza e il Piano delle aree protette regionali – commentava in una nota ufficiale il consiglio dei ministri – contrastano con gli standard di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema posti dal legislatore statale nell’esercizio della propria competenza esclusiva nella materia, violando l’117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, nonché i principi di efficacia, efficienza ed economicità che devono presiedere all’esercizio dell’azione amministrativa sanciti dall’articolo 97 della Costituzione”.

LE QUESTIONI DICHIARATE INAMMISSIBILI – Respinte invece dalla Consulta le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 7, 10, 22, 23 e 31 della legge 3 promosse dal presidente del Consiglio dei ministri, così come la posizione dell’Associazione Verdi Ambiente e Società (Vas). I giudici della corte hanno ricordato, infatti, che “il giudizio di legittimità costituzionale in via principale si svolge esclusivamente tra soggetti titolari di potestà legislativa e non ammette l’intervento di soggetti che ne siano privi, fermi restando per costoro, ove ne ricorrano i presupposti, gli altri mezzi di tutela giurisdizionale eventualmente esperibili”.

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