Un ministro leghista che porta alla Consulta la legge leghista, invocando norme costituzionali a tutela dell’ambiente. Sembra strano, ma è ciò che è successo nell’ultimo Consiglio dei ministri, quando la responsabile degli Affari Regionali, Erika Stefani, ha annunciato a nome del governo l’impugnazione davanti alla Corte Costituzionale della legge regionale della Liguria numero 3 del 2019, fortemente voluta dall’assessore all’Ambiente Stefano Mai. Un provvedimento – ribattezzato “legge sfascia-parchi” – che ad aprile, quando fu approvato, scatenò un mare di polemiche per la sua forte impronta anti-ambientalista: oltre a tagliare 540 ettari dal territorio dei più grandi parchi della Regione (Aveto, Antola, Alpi liguri e Beigua), cancellava 42 aree protette regionali nella provincia di Savona e abortiva il progetto ormai decennale di realizzare un altro parco, quello del Finalese, nell’entroterra di Finale Ligure. A contestare la legge – oltre agli esperti di dissesto idrogeologico e alle associazioni ambientaliste – soprattutto il Movimento 5 Stelle che in Liguria punta da sempre sulla lotta al cemento e non aveva risparmiato bordate sul tema agli alleati di governo per bocca di esponenti locali e nazionali.

Già lo scorso 11 maggio, incontrando le delegazioni di Wwf, Italia Nostra e Fridays for future, il sottosegretario savonese alla presidenza del Consiglio, Simone Valente, aveva detto di voler portare a Palazzo Chigi la loro richiesta di impugnare lo sfascia-parchi. Ed è stato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, uno dei più vicini al Movimento, a farsene carico: il suo ufficio legislativo ha elencato i punti critici che presumibilmente saranno ripresi dalla Presidenza del Consiglio nell’atto di impugnazione. “La legge – scrivono i tecnici del ministero – contempla disposizioni che appaiono costituzionalmente illegittime, in quanto contrastanti con gli standard di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema posti dal legislatore statale nell’ambito della competenza esclusiva” che gli è attribuita dalla Carta. Competenza statale, quindi, non regionale. In particolare, la soppressione unilaterale delle 42 aree protette sarebbe in contrasto con la legge quadro del 1991 che prevede la partecipazione degli enti locali (comuni, province, comunità montane) al procedimento di istituzione delle aree. Se per far nascere un’area protetta è necessario consultare Comuni e Province interessati – è il ragionamento dei tecnici – a maggior ragione sarà necessario per sopprimerla. Ciò che invece non è stato fatto dalla giunta Toti.

Inoltre, “nel restringere i confini dei parchi”, la legge regionale violerebbe l’articolo della legge quadro che riserva la variazione dei confini “a un atto amministrativo dell’ente di gestione (l’ente-parco, ndr) soggetto all’approvazione regionale, e non certo a una legge-provvedimento”. Entrambe le misure più discusse dello sfascia-parchi, dunque, sarebbero illegittime. Ma l’assessore Mai non ci sta e accusa il ministro Costa e il sottosegretario Valente di malafede: “È evidente che si tratta di una scelta politica ed elettorale e non di un fatto tecnico”, scrive in un comunicato. “Con questa scelta il ministro Costa ha palesato di rispondere a tirate di giacca politiche e non al bene del territorio. Il sottosegretario Valente, che aveva già annunciato il ricorso prima di conoscere i contenuti della legge, ha mosso osservazioni senza fondamento, basate solamente su motivi elettorali dei Cinque stelle, e Costa ha ubbidito. Come Regione Liguria siamo certi che l’impugnativa cadrà nel vuoto e che la Corte Costituzionale ci darà piena ragione. È davvero grave – attacca ancora Mai – che un Ministro della Repubblica e un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri utilizzino strumentalmente il ricorso alla Corte Costituzionale nei confronti delle leggi della Regione, per fini politici e non tecnico-normativi”.

“È proprio dal punto di vista ‘tecnico-normativo’, come dice l’assessore Mai, che sussistono le illegittimità che hanno portato alla decisione di impugnare”, risponde Valente a ilfattoquotidiano.it. “La legge è scritta male e risponde a logiche che con la tutela ambientale non hanno nulla a che fare. Nessun intento strumentale, ho sostenuto il ministero dell’Ambiente solo perché si tratta di una legge che avrebbe determinato danni incalcolabili a un ecosistema già fragilissimo. Non c’era altra strada che quella di impugnare la legge e difendere il nostro patrimonio ambientale e faunistico. Sarà la Corte Costituzionale a verificare la legittimità, nel frattempo però è nei pieni poteri del Governo impugnarla”. E sulla vicenda è intervenuto anche il capogruppo Pd in Consiglio regionale ligure, Giovanni Lunardon: “L’ennesima brutta figura di una giunta che non sa fare leggi visto che gliele impugnano praticamente tutte (è il quarto provvedimento proposto dall’assessore Mai e impugnato dal Governo, di cui uno è stato dichiarato illegittimo, ndr). Ieri era un Governo ostile, oggi? Il destino cinico e baro? Tutti scommettono sulla biodiversità come volano economico, noi qui riduciamo le aree protette. Per fortuna la legge è uguale per tutti, anche per Toti, Mai e compagnia”.

Twitter: @paolofrosina

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