Se gli omicidi extragiudiziali sono più che dimezzati negli ultimi anni in Giamaica, rispetto ai picchi record del passato – circa mille persone uccise durante operazioni di polizia dal 2011 al 2013 – il merito va ripartito tra il nuovo capo della Jcf (Jamaica Constabulary Force) ex generale dell’esercito che ha smesso di coprire i giustizieri in divisa, e la Indecom, l’agenzia indipendente che indaga sui police killings dal 2010.

La svolta avvenne l’anno scorso, quando per la prima volta una Corte giamaicana emise una sentenza di tre ergastoli contro un agente che aveva freddato 3 persone di fila. E da allora, le condanne sono fioccate, mentre prima i poliziotti sotto inchiesta rimanevano pure in servizio, a volte uccidendo di nuovo. Eppure tutto ciò rischia di essere vanificato da una Corte inglese, che ha l’ultima parola sulle contese giudiziarie dell’isola, come in epoca coloniale.

I police killings in Giamaica

Terrence Williams, a capo di Indecom fin dalla nascita dell’agenzia, ha dichiarato che i police killings sono stati soprattutto una tara culturale che affliggeva parte della popolazione, la quale giustificava gli omicidi extragiudiziali come misura necessaria per combattere la delinquenza dilagante. E proprio nel ceto medio-basso, si registrarono i maggiori consensi agli abusi della polizia.

Solo dopo l’assedio di Tivoli Gardens nel 2010, che rase al suolo a colpi di mortaio un’intera comunità senza fare distinzioni tra criminali e popolazione civile, e le successive irruzioni nei ghetti di Kingston, nel 2012 e 2013 furono uccise una media di 30 persone al mese, la tendenza popolare cominciò a cambiare, alla luce dei lutti civili che funestarono l’isola in quel fosco periodo. Le affinità tra le death squads della Jcf e le tropas de elite brasiliane ricorrono frequenti a livello di metodi e scenografia, se analizziamo le stragi passate.

La caratteristica principale che le accomuna è quella di giustiziare i sospetti sul posto, magari scambiando rubagalline per soldati dei boss, a volte ammazzando anche civili innocenti che hanno la sventura di trovarsi sulla linea di fuoco, o peggio, confusi con pericolosi ricercati. Le azioni punitive sono poi la specialità della casa: per vendicare un collega ucciso, si compiono raid nei ghetti e nelle favelas, massacrando a casaccio.

Alcuni “esempi” giamaicani: Braeton Hill, colline di Kingston, anno 2001. Sette teenager schedati, individuati di notte, vennero trucidati uno per uno execution style. Fu freddato anche un reporter che aveva pedinato la squadra, al comando di uno dei truci storici della polizia, Reneto Adams, ex sovrintendente.

Amnesty International contò 38 proiettili, di cui 10 estratti dalla testa dei ragazzi. Successivamente, durante lo scontro a fuoco con una gang, la squadra di Reneto uccise 21 civili presenti sul posto, mentre i criminali la scamparono.

Marzo 2012, ghetti di Denham Town e Cassava Piece a Kingston: in una settimana le incursioni della Jcf stroncarono le vite di due scolarette di 12 e 15 anni, Nicketa Cameron e Vanessa Kirkland. Il taxi che trasportava la seconda, scambiato per l’auto di un ricercato, venne crivellato di colpi. Solo lo scorso anno, grazie alla nuova tendenza delle Corti, i due agenti che spararono sono stati condannati a 15 anni ciascuno. In quella maledetta settimana, vennero trucidati pure due anziani e una madre di famiglia, e per non farsi mancare niente, una donna incinta che aveva risposto male a un poliziotto.

Giamaica, la lotta ai ‘police killings’ continua ma con un ostacolo: la Corte inglese

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