Tra cronaca e storia i particolari grandi e piccoli del Caso Moro non si esauriscono mai. Vanno su e giù nei ricordi, di anniversario in anniversario, in un contorcimento di storie, personaggi e circostanze che, tuttavia, non sembrano modificare l’immobilità del racconto principale.

A 42 anni dal ritrovamento del cadavere del presidente della Dc in via Caetani, fa un po’ effetto leggere un ‘redazionale’ sulle pagine della cronaca romana del Corriere nel quale si rende noto che l’ex parlamentare Pd e componente della commissione d’inchiesta sul caso Moro, Gero Grassi, è stato querelato in relazione alle sue tesi sulla prigione in cui le Brigate Rosse tennero prigioniero lo statista.

Soprattutto colpisce apprendere che la querela è stata presentata da un pezzo da novanta come l’avvocato Michele Gentiloni Silveri su incarico delle persone – o forse da una delle persone, ma questo non è ancora chiaro – indicate a loro dire da Grassi come carcerieri di Aldo Moro in un appartamento di via Massimi 91.

Gentiloni rappresenta cioè i due proprietari, o uno solo dei due, dell’appartamento che ospitò dell’autunno del 1978 Prospero Gallinari, il brigatista che il 16 marzo di quell’anno prese parte al commando di via Fani che sequestrò Aldo Moro, uccidendo la sua scorta in un agguato di stampo militare più che di marca guerrigliera. Una delle due persone in questione è di sicuro legata a una importante multinazionale statunitense, del tutto estranea ai fatti.

Perché la querela? Evidentemente c’è il rischio che sia sovrapposta la generosa ospitalità all’ex Br con la ricostruzione investigativa attorno alla prigione di Moro. E per allontanare ogni possibile demone le persone che si sentono coinvolte hanno puntato su un cavallo di razza. L’avvocato Gentiloni, infatti, è un principe del Foro che spazia tra cause di grande importanza anche nel campo del diritto penale internazionale: è stato anche legale di uno strano personaggio, Giovanni Marra, pilota calabrese che tentò di organizzare un suo esercito per assaltare la sede Rai di Saxa Rubra nell’estate del 1993, quella delle bombe, ricordate? Il gruppo fu preso ma venne condannato per cospirazione politica solo uno dei mercenari che, assai incautamente, chiese il rito abbreviato.

Vedremo che evoluzione avrà il caso. Di certo è noto che le attività investigative della Commissione Moro 2 presieduta da Beppe Fioroni sono confluite, per quel che si sa, in parte alla Procura di Roma e in parte alla Procura Generale della capitale. La prima dovrebbe occuparsi proprio di ciò che è stato scoperto attorno alla stabile di via Massimi, già chiaramente delineato come luogo strategico da ben tre appunti della Guardia di Finanza scritti addirittura durante il sequestro: perché nessuno da allora lo ha sviluppato? Non si sa.

Non si ha notizia di sviluppi investigativi nuovi, mentre la Procura generale sta lavorando attorno alla dinamica di via Fani: il fascicolo è suggestivamente intitolato Terze presenze. Insomma, 42 anni dopo siamo in cerca della verità. La commissione Moro ha destrutturato le false verità che si erano consolidate nel tempo, soprattutto per l’imbroglio del Memoriale Morucci – su cui Sandro Provvisionato e io ci soffermiamo a lungo in Complici (Chiarelettere) – ma non ne ha svelate di nuove. Evidentemente i tempi non sono ancora maturi, e… gli apparati ci guardano.

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