Va bene, sarò diventato un vecchio brontolone, ma non riesco a non indignarmi per l’ennesima prova che il sistema capitalistico non funziona. L’ultimo resoconto Oxfam sulle diseguaglianze ci ha fatto discutere per il fugace momento di un giorno, poi grazie e arrivederci. Tutto come prima. Nessuno che trovi scandaloso che l’1% della popolazione mondiale possieda più del doppio di quanto possiedano quasi 7 miliardi di persone, ossia la quasi totalità di coloro che vivono su questo pianeta. L’1%!

“Se lo meritano, perché hanno saputo costruire qualcosa”; “sono capaci”; “è la legge del mercato”: queste sono le varie scemenze che ci sentiamo ripetere da chi – pur non rientrando affatto il quell’1%, lo giustifica sperando forse di farne parte un giorno. Sono purtroppo lontani e dimenticati i tempi di Adriano Olivetti, quando raccomandava che il compenso dell’Amministratore delegato di una azienda fosse al massimo dieci volte quello dell’operaio. Oggi un ad arriva ad accumulare (il termine giusto è questo) oltre 500 volte quello che guadagna un suo operaio e la cosa è considerata moralmente non solo accettabile, ma sacrosanta.

Tanto ha fatto il lavaggio del cervello operato ai nostri danni dalla cosiddetta dottrina “neoliberista“, l’unica oggi accettata nei consessi economici internazionali. Una dottrina propugnata dall’austriaco Friederich Von Hayek nel 60 e ripresa – purtroppo in larga scala – da quel Milton Friedman che riuscì a inculcarla in Margaret Thatcher, in Ronald Reagan e in tutti i presidenti Usa a venire, compresi quelli democratici.

Il risultato della competizione furiosa del mercato senza regole è sotto gli occhi di tutti e Oxfam impietosamente lo ricorda: 2153 miliardari con 2019 miliardi di patrimonio, equivalente alle possibilità economiche di 4,6 miliardi di poveracci nei quali rientriamo tutti noi.

Una condizione che era stata intravista già nel dopoguerra dal solito George Orwell che scriveva non a caso: “Se il benessere e la sicurezza fossero divenuti un bene comune, la massima parte delle persone che di norma sono come immobilizzate dalla povertà si sarebbero alfabetizzate, apprendendo così a pensare autonomamente; e una volta che questo fosse successo, avrebbero compreso prima o poi che la minoranza privilegiata non aveva alcuna funzione e l’avrebbero spazzata via”.

Questo purtroppo non è mai avvenuto e il capitalismo neoliberista ci sta rendendo schiavi e pure contenti o, al massimo, indifferenti, perché avere davvero coscienza di uno squilibrio del genere dovrebbe fare interrompere immediatamente ogni attività produttiva, fare scendere le persone in piazza a esigere una maggiore perequazione delle risorse di questo pianeta.

Lo schiavismo di ritorno che farebbe felice oggi Milton Friedman e tutta la sua schiatta di Chicago è il vero cancro sociale che potrà determinare la fine della società come la intendiamo oggi. Già evocai in passato il film Elysium nel quale i pochi ricchissimi vivevano separati da tutti gli altri, su una stazione spaziale piena di ogni ben di dio e dove qualunque malattia era scomparsa. Sembrava fantascienza, tra poco sarà realtà.

In Italia, dove il solito 1% possiede risorse pari a quelle del 70% del resto degli scemi che lavorano, ci sono ancora maggioranze politiche che insorgono alla parola “patrimoniale“. Dovrebbe farci schifo, invece, che molti lavoratori stessi si dicano contrari a questa evenienza. Sia mai che i loro padroni abbiano una piccola riduzione dei profitti a vantaggio del welfare.

Al contrario, io penso che sia arrivato il tempo non di una patrimoniale, ma di un vero “tetto” ai guadagni dei super ricchi. Non può essere considerato morale guadagnare – al netto di ogni tassa – oltre 10 milioni di euro l’anno. Non può essere considerato morale che una azienda in attivo capitalizzi oltre una certa soglia solo per distribuire dividendi sempre più alti ai suoi azionisti. Sembra che nessuno più si ricordi che un Stato ha il dovere di garantire ai suoi cittadini il benessere e la minore disparità possibile (la nostra Costituzione lo insegna all’articolo 3).

Senza citare quel santo di John Maynard Keynes che aveva già capito tutto – e che per questo è stato brutalmente combattuto da Friedman e da tutti i suoi accoliti – voglio ricordare le parole di qualcuno ben più autorevole, Socrate: “In una comunità (piccola o grande che sia) non può vigere l’ingiustizia e cioè il perseguimento da parte dei suoi membri del proprio esclusivo interesse, pena la rottura dell’unità stessa”. L’ingiustizia per Socrate è ciò che rompe e interrompe quell’unità che si voleva realizzare riunendosi in uno Stato.

Ci sarà mai un governo che avrà il coraggio di affrontare questo problema fondamentale per la razza umana? Personalmente ne dubito e anche la mia voce, tra qualche giorno, sarà sommersa da citofoni, dimissioni e altre efficacissime armi di distrazione di massa.

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