Mentre a Roma il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti si dimette per la carenza di fondi destinati alla scuola pubblica, a Cagliari la Regione Sardegna destina 17 milioni di euro alle casse delle scuole materne private che potranno così contare su un generoso contributo pubblico per sostenere le spese di gestione dell’anno scolastico 2019/2020. Il via libera è arrivato dalla giunta guidata da Christian Solinas su proposta dell’assessore all’Istruzione Andrea Biancareddu, approdato nell’esecutivo a trazione sardoleghista in quota Udc, l’Unione democratici cristiani. Nello scorrere la lista dei 220 beneficiari non mancano le sorprese. Si scopre ad esempio che sui 17 milioni stanziati, ben dieci finiranno nelle casse delle scuole dell’infanzia cattoliche. Gli altri sette andranno a rimpinguare i conti correnti degli istituti privati aconfessionali, compresi quelli che grazie alle rette incassano ogni anno fino a 6.500 euro a bambino e contano su bilanci milionari.

Va detto che la giunta Solinas non ha inventato niente: correva l’anno 1984 quando l’allora presidente Angelo Rojch firmò la legge che garantiva denari alle scuole dell’infanzia. Ma lo stesso Rojch – pezzo da novanta della Dc isolana – chiarì fin da subito che i finanziamenti potevano essere assegnati anche agli istituti privati “qualora i servizi offerti dalle scuole pubbliche fossero carenti”. Insomma, si dava precedenza alle scuole pubbliche. Che in Sardegna, secondo l’ultimo report sulla scuola firmato da Cittadinanzattiva e presentato poche settimane fa alla presenza dell’allora ministro Fioramonti, non se la passano benissimo: per dire, il 50 per cento degli edifici scolastici è privo dei certificati di agibilità e collaudo statico e in alcuni casi sono talmente vetusti che nemmeno un intervento radicale potrebbe garantire gli attuali standard di sicurezza. La soluzione? Abbattere gli edifici e ricostruirli, suggerisce il report. Il problema però è sempre lo stesso: reperire i fondi. Per questo appare quantomeno contraddittorio il fatto che, dal 1984 ad oggi, la Regione abbia distribuito alle private qualcosa come 600 milioni di euro. E tutto questo malgrado il provvedimento firmato da Rojch avesse carattere “straordinario”. Eppure a distanza di 35 anni è stato applicato da decine di giunte regionali di ogni colore con esiti a volte paradossali.

Una delle scuole beneficiarie, ad esempio, conta una sola sezione, seguita da un solo docente e manca l’insegnante di sostegno, condizione che in automatico sbarra l’ingresso ai bambini disabili. Gestita da una congregazione legata al Vaticano, è “una scuola cattolica” che nell’educazione dei pargoli punta su “valori autentici come la testimonianza di fede e l’amore a Dio e alla Vergine Maria”, si legge nel sito ufficiale. Ma soprattutto, opera “in una realtà sociale medio-alta e il reddito medio familiare è buono”. Non potrebbe essere altrimenti, visto che la materna in questione opera a Cagliari nel bel mezzo del quartiere residenziale del Poetto, costellato da villini stile liberty a due passi dal mare. Non proprio un rione popolare, insomma. Lascia quindi perplessi il fatto che lo scorso anno, secondo gli ultimi dati disponibili, l’istituto abbia incassato 144mila euro dal Comune di Cagliari per il servizio di refezione, 33mila dal ministero dell’Istruzione e ora si appresti a incassare altri 50mila euro dalla Regione. In proporzione, una cifra da far impallidire la Congregazione della Ancelle della Sacra famiglia, che di euro ne incasserà 865mila, da spalmare però su undici scuole. Nel mezzo, una miriade di istituti cattolici – si va dalle Orsoline alle Suore Mercedarie, dalle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù agonizzante alle suore missionarie del Sacro costato – per un totale come detto di 10 milioni di euro.

Rimangono i sette milioni assegnati alle società aconfessionali. In larga parte sono inquadrate come cooperative sociali, quindi senza scopo di lucro, ma nella lista dei beneficiari stilata dalla Regione non mancano nemmeno le srl, il cui unico scopo è – chiaramente – macinare profitti. Obiettivo pienamente raggiunto da una società cagliaritana, che secondo il portale specializzato Hoovers.com, lo scorso anno ha depositato un bilancio di 1,7 milioni. Niente di strano, quando si gestiscono diversi istituti che seguono gli iscritti dall’asilo nido alle scuole medie. Costo mensile per alunno: 600 euro. Extra esclusi, a cominciare dall’iscrizione e dall’uniforme obbligatoria. Nel bilancio milionario anche i denari della Regione, che quest’anno ha riservato alla società un contributo di 180mila euro, da dividere fra tre plessi scolastici. Discorso simile, sempre a Cagliari, per un secondo istituto che non pare versi in condizioni economiche precarie: porte aperte ai bambini tra i 3 e i 6 anni dietro il pagamento di 300 euro di iscrizione e 530 euro mensili, ma solo fino a maggio. Da giugno a settembre – l’opzione è facoltativa – i genitori dovranno mettere ulteriormente mano al portafogli e pagare 1.000 euro. In questo caso il contributo assegnato dalla Regione sfiora i 100mila euro.

E le materne statali? “Intanto va detto che la scuola dell’infanzia non rientra nel ciclo dell’obbligo scolastico – sottolinea un dirigente statale che richiede l’anonimato – e questo non fa che rendere ancor più paradossale il fatto che la Regione si prodighi nel finanziarie non già le statali, pur senza obbligo, ma si spinga oltre foraggiando esclusivamente le materne private. Noi nel frattempo dobbiamo far quadrare i conti con le risorse assegnate dallo Stato. Non è facile, ma con una buona programmazione l’obiettivo non è impossibile. Certo è che per realizzare tutto ciò di cui avrebbe bisogno la scuola pubblica, i fondi non sono mai sufficienti”.

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