Cinema

Morto Massimo Bertarelli, addio al critico cinematografico ‘senza mezze misure’. Ecco una delle sue recensioni senza tempo per il Fatto.it (VIDEO)

Colonna de Il Giornale, interprete serissimo e inappellabile di una breve striscia video sui film in uscita pubblicata settimanalmente sul nostro sito web, Bertarelli aveva iniziato la carriera come redattore a Il Guerin Sportivo, poi dal ’74 firma fissa del quotidiano milanese anche dopo la dipartita di Montanelli, e fino ai suoi ultimi giorni di vita

di Davide Turrini

Caustico, tagliente, senza mezze misure, amatissimo dei redattori che dovevano titolare le recensioni vista la sua precisa sintesi critica. Erano clamorosamente più i film che non gli piacevano di quelli, pochissimi, che gli andavano a genio. È morto all’età di 75 anni Massimo Bertarelli, critico cinematografico alla vecchia maniera, colonna de Il Giornale (che con Indro Montanelli e Mario Cervi lo fondò), interprete serissimo e inappellabile di una breve striscia video sui film in uscita pubblicata settimanalmente sul nostro sito web. Bertarelli aveva iniziato la carriera come redattore a Il Guerin Sportivo, poi dal ’74 firma fissa del quotidiano milanese anche dopo la dipartita di Montanelli, e fino ai suoi ultimi giorni di vita. La sua schietta ironia si può rintracciare online in diversi video tratti dalla rubrica del fattoquotidiano.it o da spezzoni di ospitate al Cinematografo di Marzullo su Rai1. Alcuni esempi? Lei di Spike Jonze: “Meglio far l’amore con una bambola gonfiabile”. Nymphomaniac? “Una bufala pazzesca”. Von Trier? “Un vecchio trombone”.

Rari i casi, e non gli si poteva di certo dare torto, in cui Bertarelli trovava sollievo dalle visioni in sala. Uno dei salvataggi più inattesi, infatti, proviene proprio dalla visione de La classe operaia va in paradiso di Elio Petri, “una grottesca, beffarda, amara commedia sociopolitica, una fiera denuncia anticapitalista, un film, Palma d’oro a Cannes, severamente vietato ancora oggi a tutti i padroni cattivi, qualsiasi ideologia professino”. Come ha scritto sulla sua pagina Facebook il critico Michele Anselmi, che al Giornale ha lavorato e l’ha conosciuto, e che nel 2004 pubblicò un articolo su uno dei libri curati da Bertarelli: “Figuratevi: lui che si vanta di non aver mai letto “l’Unità” e grida ancora ai “rossi”, poi rende omaggio al comunistissimo Petri”. Già perché Bertarelli si era fatto conoscere negli anni sessanta e settanta come un critico parecchio antiestablishment e privo di un vero e proprio paradigma teorico, come molta critica militante di sinistra adoperava, che non fosse il proprio filtro o gusto personale.

Nella prefazione de Il cinema in 100 film, edito da Gremese nel 2004, Bertarelli introduce così la sua selezione dei “the best of” tra i quali sono giusto finiti un Antonioni (per Bertarelli L’avventura, ed esempio, era “una boiata pazzesca”) e un Fellini (“8e1/2? Una pizza indigeribile”): “In tutta immodestia, ho scelto i cento film che mi sono piaciuti di più. Senza farmi condizionare dai nomi dei registi, né tantomeno dalle stellette dei critici, per così dire, ‘di regime’. Dove per regime non intendo appartenenti a qualche schieramento ideologico (che poi nei giorni nostri è lo stesso), ma allineati dalla parte dei mostri sacri”.

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