Esattamente dieci anni fa, il 5 dicembre del 2009, più di un milione di persone si ritrovarono in un lunghissimo e originale corteo che finì in piazza San Giovanni. Era il No B-Day, autoconvocato e auto-organizzato da quello che poi decidemmo di definire “Popolo viola”.

Qualcuno di noi in uno striscione definì quel corteo “il migliore degli ultimi 150 anni” in un moto di autoesaltazione dovuta alla consapevolezza che ciascuno degli individui che aveva messo in moto quella macchina stava facendo la storia della politica in Italia. Per pura coincidenza capita che fra pochi giorni ci sarà una manifestazione autoconvocata con caratteristiche simili alle autoconvocate e agli autoconvocati di quei giorni, il cosiddetto “popolo delle Sardine”.

La prima similitudine è proprio nelle modalità: l’autoconvocazione, che nasce dall’esigenza di riempire un vulnus della politica. Come spesso succede, proprio quando i partiti balbettano ci pensano i cittadini a proporre un pensiero lineare per raccontare una loro esigenza, disattesa dai politici. Allora si trattava di opporsi alla politica berlusconiana e l’ago che fece muovere la bilancia fu l’approvazione in Parlamento del Lodo Alfano nell’ottobre di quell’anno.

Alcune e alcuni blogger lanciarono su Facebook l’idea di una manifestazione nazionale per chiedere le dimissioni di Berlusconi, una pagina che fu anche l’epicentro della nascita del “movimento”. Anche le Sardine nascono da un post su Facebook, e la loro è una precisa reazione a un preciso fatto: l’iniziativa di Salvini a Bologna, la sua idea di “liberare l’Emilia Romagna”.

La seconda è che entrambe le iniziative – il No B Day e le manifestazioni delle Sardine – hanno scavalcato le nomenklature dei partiti e le gerarchie, imponendosi nell’agenda politica di allora come di oggi. Allora noi dicevamo: “Le sezioni dei partiti sono vuote? Il web è pieno. Di ragazze e ragazzi che si sono dati da fare perché credono che non si possa stare con le mani in mano”. Oggi le Sardine spiegano che non hanno pensato alle piazze per andare contro la politica, ma per “dare una sveglia alla gente che ha dormito e che ha concesso tutta questa retorica aggressiva che invade web, piazze, palazzetti dello sport, di andare avanti”. Insomma, il messaggio è “svegliamoci”.

E veniamo alle differenze. La prima è che il Popolo Viola ha sempre riempito di contenuti chiari la protesta: difesa della Costituzione, no alle leggi ad personam, salvaguardia beni comuni, rapida ricostruzione post-terremoto Abruzzo, no al Ponte sullo stretto, democrazia partecipativa. Questi sono alcuni degli argomenti che allora i ragazzi e le ragazze del Popolo Viola vollero portare avanti. Mentre finora le Sardine non hanno proposto nulla, a parte far uscire “la gente dalle proprie tane” per sostituire la politica dell’odio con quella di chi “lotta per la sua comunità e mette una mattonella per cambiare il luogo dove vuole vivere”. Che non è poco.

In mezzo ci sono stati altri dieci anni di teatrino della politica legata ai leader, di dichiarazioni quotidiane nei pastoni dei tg senza affrontare i temi realmente importanti (emergenza climatica, occupazione e razzismo, ad esempio), di partiti di centrosinistra che hanno perso la capacità di raccontare un futuro diverso, di bugie sulle reali priorità: la sicurezza dovuta alla presunta invasione dei migranti ad esempio, anziché affrontare seriamente la necessità di garantire la sicurezza dei cittadini dallo smog, o dalle industrie dei veleni, o dal dissesto idrogeologico.

La sociologia ci parla del passaggio dall’individuo consumatore, preda delle imprese che studiano i suoi comportamenti per meglio affinare le loro strategie di marketing, all’individuo comunitario, che vuole vivere con chi ha le sue stesse convinzioni religiose o identità culturali, fino al soggetto, che è colui che vuole affermare i propri diritti, ritenendoli diritti universali.

Ed è proprio in questa ultima categoria che il sociologo Alain Touraine – che grazie a Emanuele Toscano incontrammo all’epoca del Popolo Viola – ci volle inserire, spiegando che era “rimasto colpito dal nostro pathos, dall’insistenza sulla cura della democrazia, della costituzione politica, del legame sociale”. Spiegando che proprio “questa affettività era la vera novità”. E precisò che, oltre a utilizzare i vecchi paradigmi “parlando di movimenti sociali, possiamo dire che ci sono uomini e donne disposti a mettersi in cammino”.

Un cammino che ciclicamente ritorna, con caratteristiche differenti e ispirato di volta in volta dall’esigenza di legalità (Popolo Viola), di autodeterminazione femminile (Non una di meno e #MeToo), di salvaguardia dell’ambiente (Fridays For Future) o di contrasto alla politica dell’odio (le Sardine), ma con l’obiettivo chiaro di non subire passivamente un’agenda politica non condivisa e, al contrario, di prendere in mano in prima persona il proprio protagonismo, senza aspettare inutilmente cambiamenti, ma imponendo una risposta chiara. A partire da una presa di coscienza individuale, che diventa soggettività comune.

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