Un’organizzazione capace di rifornire tutta Roma di droga che si serviva di un gruppo di picchiatori per recuperare i soldi di chi non pagava. L’ha sgominata la Guardia di Finanza al termine di un’indagine coordinata dalla Procura di Roma che ha portato all’arresto di 51 persone tra il Lazio, la Calabria e la Sicilia. A capo del gruppo, secondo l’indagine “Grande raccordo criminale”, c’erano Fabrizio Piscitelli detto “Diabolik”, ucciso il 7 agosto in un agguato nel Parco degli Acquedotti, e il suo braccio destro Fabrizio Fabietti. “Si tratta di un gruppo che non ha eguali in altre città italiane – ha spiegato in conferenza stampa il procuratore facente funzioni di Roma Michele Prestipino – che operava a Roma Nord e che coinvolge criminalità sportiva, politica e narcotraffico. Tutto ruotava attorno a Piscitelli”.

Secondo quanto è emerso dalle indagini, l’organizzazione di narcotrafficanti “inondava” di droga la maggior parte delle piazze di spaccio in diversi quartieri della Capitale, servendosi poi di un gruppo di soggetti che aveva un compito specifico: recuperare i crediti dovuti per l’acquisto della droga. Compito che gli arrestati mettevano in pratica con una serie di estorsioni, pestaggi e violenze.

Tra gli arrestati ci sono anche esponenti del mondo ultras laziale. Si tratta di Ettore Abramo, conosciuto come “Pluto”, 53 anni e Aniello Marotta, 43 anni, che appartengono al gruppo degli Irriducibili. I due si trovavano ai domiciliari perché accusati di aver lanciato, il 15 maggio scorso in occasione della finale di Coppa Italia tra Lazio e Atalanta, all’interno di un’auto della polizia locale di Roma Capitale, una torcia accesa che aveva provocato un incendio. I due si occupavano dello spaccio ma anche di “recupero” credito con modalità violente. Tra gli arrestati anche Alessandro Telich, altro esponente ultras.

La droga “la devo dà a tutta Roma“, diceva Fabietti a un sodale per dargli l’idea dell’influenza da lui esercitata sul mercato degli stupefacenti capitolini. Parallelamente alle attività illecite strettamente connesse al traffico di droga, le indagini hanno consentito di ricostruire il ruolo del defunto Piscitelli, il quale, coinvolto nella compravendita di stupefacenti, era una figura di riferimento nel controllo del territorio, “nonché di garanzia e affidabilità dell’associazione – scrive chi indaga – che si avvantaggiava della sua leadership“. Secondo gli inquirenti in virtù della propria autorevolezza, Piscitelli era il garante della caratura criminale dell’organizzazione.

Il suo capo operativo era invece Fabietti, che dopo la morte dell’amico e socio aveva notevolmente aumentato le attenzioni per proteggersi. Vantava milioni di euro di crediti legati alle attività criminali e secondo chi indaga, il pluripregiudicato 42enne, si colloca sulla scena criminale quale importante broker del narcotraffico capitolino, dotato di qualificate relazioni sia sul fronte degli approvvigionamenti di droga, risultando in affari con soggetti vicini a organizzazioni di matrice mafiosa (cosca di ‘ndrangheta Bellocco), quali i fratelli Emanuele (classe 1986) e Leopoldo Cosentino (classe 1983), entrambi destinatari del provvedimento cautelare. Acquistavano grandi carichi di droga per poi destinarla alla città, tramite una rete di contatti di chi comprava per rivendere nelle piazze di spaccio.

Il giro di affari gestito dalla banda era milionario. Gli inquirenti hanno ricostruito la compravendita di 250 chili di cocaina e 4.250 chili di hashish, per un valore complessivo stimato al dettaglio di circa 120 milioni di euro. L’associazione poteva contare su un flusso costante di droga proveniente dal Sud America (cocaina da Colombia e Brasile) e dal Nord Africa (hashish dal Marocco), garantito da fornitori abituali.

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