Cultura

Parigi, l’Unesco copre le statue nude di Simon con le mutande: “Un equivoco”. Lo storico dell’arte: “L’Occidente ha paura della propria identità?”

La mostra “In Memory of Me”, allestita per le Giornate del Patrimonio, è stata al centro di controversie riguardo alla possibilità di coprire o meno le nudità di statue esposte. L'organizzazione dell'Onu: "Noi non imponiamo nulla agli artisti". Il professor Marco Nocca a ilfatto.it: "Scelte così fanno ricoprire di ridicolo"

di Manlio Lilli

Una “spiacevole sorpresa”, l’ha definita Sophie Coignard sul settimanale Le Point. I visitatori della mostra “In Memory of Me” dell’artista Stéphane Simon, allestita nella sede dell’Unesco nel settimo arrondissement di Parigi durante le Giornate del Patrimonio sono rimasti senza parole. Ma non a causa delle opere dell’artista, cioè statue di uomini nudi che posano per un selfie senza avere alcun cellulare. A lasciarli senza parole sono stati i perizoma indossati da due delle statue in esposizione. La spiegazione? “Non offendere la sensibilità di nessuno”. L’Important, la testata online che riporta informazioni tramite social network, è tempestata di messaggi di utenti, increduli. “La questione della nudità è stata discussa” spiega Stéphane Simon. “Capisco che può disturbare. Così ho proposto di poter restare nelle vicinanze della mostra, in occasione delle Giornate del Patrimonio, con un panno: in modo da nascondere, se necessario, il sesso delle statue”. Si tratta di una nuova versione dei fatti: come l’artista ha cercato di spiegare a ChekNews Libération, la sua proposta non sarebbe stata compresa dall’Unesco, che, pochi giorni prima dell’inizio dell’evento, gli avrebbe chiesto conferma del suo proposito di nascondere definitivamente il sesso delle statue. Così il giorno prima della mostra, l’artista,”rimasto interdetto”, ha quindi proposto di coprire le sue opere con della biancheria intima.

L’Unesco, però, contattato da le Figaro, ha dichiarato che “non impone nulla agli artisti”: si sarebbe quindi trattato di un equivoco e non di una censura. Come in altri casi, anche recenti. Si pensi per esempio a gennaio 2016, quando Matteo Renzi aveva cercato di censurare le nudità dei Musei Capitolini per non turbare la sensibilità del premier iraniano, in visita in Italia. Stessa scelta che l’allora premier fece nell’ottobre 2015, quando in occasione della visita a Firenze del principe ereditario di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed, aveva deciso di nascondere alcune statue dell’artista americano Jeff Koons, in esposizione a Palazzo Vecchio. Ma la casistica al riguardo è vastissima. Ancora nel 2015 il canale MyFoxNy nel dare la notizia che il dipinto di Pablo Picasso Les femmes d’Alger era stato battuto all’asta per quasi 180 milioni di dollari, pensò bene di mostrare il quadro offuscando i capezzoli delle donne raffigurate. Per non parlare del Nu Couché di Modigliani, battuto all’asta a novembre 2015 da Christie’s a 170 milioni di dollari, e censurato da alcuni media anglosassoni che hanno avuto l’accortezza di coprire seno e pube della donna distesa sul letto rosso e il cuscino azzurro. “Il Nudo è una componente fondativa della nostra civiltà che affonda le radici nell’Atene di Pericle. È la dimostrazione della profonda armonia con la Natura, dell’uomo misura delle cose, testimoniato dal modulo geometrico dell’uomo vitruviano di Leonardo”, spiega a Ilfattoquotidiano.it, Marco Nocca, professore di Storia dell’Arte Antica all’Accademia di Belle Arti di Roma. “La barbarie non è nell’Islam che non ammette il nudo come manifestazione pubblica – sentenzia – Stavolta è nell’Occidente, col suo rispetto piagnone e filisteo che ha paura della propria identità, a cui è fatalmente disposto a rinunciare, coprendo non solo le pudenda. Coprendosi di ridicolo”.

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