L’ex boss della Mala del Brenta Felice Maniero è stato arrestato a Brescia con l’accusa di maltrattamenti sulla compagna. “Faccia d’angelo”, così era chiamato, da tempo vive nella città lombarda con una nuova identità. Ora è in carcere a Bergamo. L’arresto – come riporta Il Giornale di Brescia – è scattato ieri dopo la denuncia della donna e secondo le nuove regole del Codice rosso, la legge introdotta ad agosto e che garantisce un canale privilegiato per le donne che subiscono violenza. A denunciarlo la compagna, una donna di 47 anni, che ha raccontato di maltrattamenti fisici e psicologici che sarebbe stata costretta a subire. Maniero, arrestato con il nuovo nome che utilizza da quando nel 2010 ha lasciato il carcere, è scoppiato in lacrime davanti agli agenti. “Vi prego, non portatemi in cella. Fatelo per mia figlia” avrebbe detto.

La cronaca recentemente era tornata a occuparsi di lui perché l’ex boss aveva presentato in un video in rete la sua nuova vita di imprenditore nel settore delle microplastiche. Divenuto collaboratore di giustizia era libero dal 2010. Il primo arresto risale al 1980, per una guerra fra bande rivali; quattro anni più tardi, quando venne bloccato a Modena in una trattoria assieme al suo luogotenente Stefano Carraro, era già più di un piccolo boss di provincia. Le amicizie con i siciliani segnarono ulteriormente la sua carriera.

L’ombra di Maniero e dei suoi uomini, ora vittime degli omicidi, ora protagonisti, spuntava sempre dietro la lunga catena dei 17 omicidi registrati in Veneto negli anni Ottanta, e alle due rapine miliardarie ai danni del Casino’ di Venezia e dell’ aeroporto ‘Marco Polo’, dove era in partenza un carico di 170 chilogrammi d’oro. La sua banda lo fece evadere nel dicembre 1987 dal supercarcere di Fossombrone (Pesaro). Pochi mesi di libertà e ad agosto del 1988 venne bloccato ed arrestato a Chiasso. Di nuovo libero nel 1989, riuscì a sfuggire ai controlli della vigilanza speciale. Criminalpol e squadra mobile di Venezia lo riacciuffarono il 13 agosto 1993 a Capri.

Lì la sua predilezione per mondanita’ e lusso era riassunta in uno yacht da un miliardo e mezzo di lire, appena acquistato. Dopo un nuovo tentativo di fuga da Vicenza, nell’aprile del 1994, promise che non sarebbe morto in galera. Puntuale, due mesi dopo, l’intervento di polizia e carabinieri
che appresero in anticipo e impedirono un assalto già pronto al blindato che avrebbe condotto Maniero al processo. L’ultima fuga il 16 giugno 1994, dal supercarcere di Padova assieme al braccio destro Antonio Pandolfo e ad altri fedelissimi. Non passò un mese e il 7 luglio successivo venne la condanna a 33 anni di reclusione per tutti gli episodi degli anni Ottanta. E infine l’ultima cattura, a Torino, nel novembre 1994.

Poi la collaborazione con la giustizia, la fine della banda, e una pena ridotta a 11 anni in appello, più altri 14 per una decina di omicidi. Ammesso al programma di protezione, ne venne di nuovo escluso per una serie di violazioni delle norme di comportamento e di nuovo arrestato nel maggio 1998 per scontare la pena definitiva, venti anni e quattro mesi di reclusione con scadenza nel 2018, nel carcere di massima sicurezza dell’ Aquila. Dopo aver cambiato il nome e dopo un periodo di domiciliari in una località tenuta segreta aveva avuto la possibilità di uscire di casa per portare avanti la sua attività imprenditoriale. Dopo il fallimento della prima azienda, lo scorso luglio aveva annunciato l’avvio di una start-up-

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