Prima i raid aerei, poi l’avanzata con le truppe di terra. La Turchia penetra nel nord della Siria dopo l’offensiva militare, lanciata giovedì. Sono 181 gli obiettivi curdi nel Nord-est del Paese, informa il ministero della Difesa di Ankara, colpiti dagli oltre 5mila soldati delle forze armate nel corso dell’operazione Fonte di pace. Al momento, si contano almeno 15 morti, molti dei quali civili, anche se il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha annunciato la morte di “109 terroristi”. Alcuni Paesi europei hanno chiesto un immediato stop all’offensiva, ma il Sultano ha lanciato il suo avvertimento: “Se ci ostacolate, vi mandiamo 3,6 milioni di profughi”. E l’Onu fa sapere che, dall’inizio dell’offensiva, sono già decine di migliaia gli sfollati.

“I nostri eroici commando – ha commentato la Difesa turca su Twitter – che stanno partecipando all’operazione continuano ad avanzare a est del fiume Eufrate nel nord della Siria”. Mentre continuano i raid aerei, in particolare sulla città di Ras al-Ain, i turchi sono riusciti a sfondare via terra le resistenze delle forze curdo-siriane nelle località di Bir Ashiq, Hawi, Kassas, nel distretto frontaliero di Tall Abyad. Da Ankara tengono a specificare che nelle loro azioni, diversamente da quanto riportato da fonti curde, non sono stati uccisi civili: “Nella pianificazione ed esecuzione dell’operazione Fonte di Pace vengono presi di mira solo rifugi, ripari, postazioni, armi, mezzi ed equipaggiamenti che appartengono a terroristi del Pkk/Pyd-Ypg e di Daesh (Isis)”.

Fonti militari turche hanno comunicato che, nel corso dell’offensiva, sono stati già conquistati due villaggi curdi: “Due villaggi sono stati liberati dai terroristi a ovest di Tal Abyad”. I villaggi, Yabse e Tal Fander, sono adesso occupati dai miliziani locali del Free Syrian Army cooptati da Ankara.

Il presidente turco ha parlato intorno a mezzogiorno di giovedì lanciando il suo avvertimento ai Paesi europei: se l’Ue ci accuserà di “occupazione” della Siria e ostacolerà la nostra “operazione” militare, “apriremo le porte a 3,6 milioni di rifugiati e li manderemo da voi”, ha detto parlando ai leader provinciali del suo AkParti. Nessuna risposta ufficiale giunta ancora da Bruxelles. Intanto, Luigi Di Maio, in un post su Facebook, ha definito “inaccettabili le minacce di Erdogan sui profughi” e anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ai microfoni del Tg3, ha condannato l’azione di Ankara: “L’Ue deve muoversi con una sola voce, non è accettabile questa iniziativa unilaterale, rischia di essere controproducente, di destabilizzare l’intero quadrante già compromesso – ha detto – Non possiamo accettare che ci possa essere un ricatto tra l’accoglienza fornita dalla Turchia, meritevole ma con fondi europei, e l’offensiva”. E ancora: “Il fatto che ci siano rapporti commerciali con la Turchia e che faccia parte della Nato non sono elementi che possono in questo momento rendere accettabile un intervento militare”.

Mentre fonti curde-siriane, vicine all’amministrazione autonoma curda, assicurano all’Ansa, che specifica l’impossibilità di verificare in maniera indipendente le informazioni, che nelle scorse ore miliziani affiliati all’Isis hanno attaccato le forze delle Ypg nella zona in cui la Turchia ha lanciato i raid. Le stesse fonti hanno detto alla tv panaraba al Arabiya di aver ucciso 5 soldati turchi negli scontri. Inoltre, specificano fonti delle Sdf, nella notte la Turchia ha bombardato una prigione in cui sono detenuti miliziani dell’Isis provenienti da “oltre 60 Paesi”. Il carcere colpito sarebbe quello di Chirkin nella zona di al-Qamishli. Per questo i curdi parlano del rischio di “una catastrofe che il mondo potrebbe non essere in grado di gestire in futuro”.

Secondo quanto riferito dalle autorità locali delle località frontaliere turche, 23 persone sono rimaste ferite in seguito a numerosi colpi di mortaio sparati dalle zone sotto controllo curdo in Siria verso Ceylanpinar e Akcakale. Si tratta dei primi cittadini turchi rimasti colpiti dall’inizio ieri dell’offensiva di Ankara.

In una nota, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) chiede alle parti di rispettare il diritto internazionale umanitario: “I civili e le infrastrutture civili non devono essere un obiettivo”, raccomanda l’Alto Commissario Filippo Grandi. Poi aggiunge che sono decine di migliaia i civili siriani in fuga dall’offensiva.

Intanto, negli Stati Uniti non si spengono le polemiche per il sostanziale via libera fornito da Donald Trump all’operazione ordinata da Recep Tayyip Erdogan grazie al ritiro delle truppe americane dal fronte settentrionale della Siria. Il presidente statunitense, difendendo la sua decisione, ha spiegato: “Come qualcuno ha scritto oggi in un articolo non ci hanno aiutato nella Seconda guerra mondiale, non ci hanno aiutato in Normandia, per esempio”.

I curdi, ha aggiunto Trump, “sono lì per aiutarci con la loro terra e questa è una cosa diversa”, sottolineando che “abbiamo speso enormi somme per aiutare i curdi in termini di munizioni, armi, denaro, retribuzione. Ciò detto, ci piacciono i curdi”. Il tycoon ha assicurato, in ogni caso, che le forze americane hanno in programma di prendere in custodia combattenti di Isis di alto rango per trasferirli in aree dove possano essere detenuti in sicurezza. Tra quelli già presi in custodia ci sono anche due combattenti britannici facenti parte della famosa cellula dei Beatles, i quattro membri dell’organizzazione che avevano il compito di tenere in custodia i prigionieri occidentali e di cui faceva parte anche Jihadi John, il terrorista diventato celebre per le decapitazioni dei giornalisti nei video di Daesh. I due, Alexanda Kotey e El Shafee Elsheikh, sono stati trasferiti in Iraq.

Ma perfino dentro il partito repubblicano le mosse di Trump non vengono lette in maniera univoca. Un’iniziativa bipartisan lanciata dal senatore repubblicano Lindsey Graham e dal democratico Chris Van Hollen vuole spingere il Senato a valutare di imporre sanzioni contro la Turchia e il presidente Erdogan nel caso in cui le forze armate di Ankara non si ritirassero dalla Siria: previsto il congelamento dei beni di Erdogan, del suo vice presidente Fuat Oktay e del ministro della Difesa turco Hulusi Akar. Oltre a sanzioni nei confronti delle entità che hanno rapporti commerciali con le forze armate turche o con compagnie petrolifere e del gas che collaborano con l’esercito di Ankara. “Mentre l’amministrazione si rifiuta di agire contro la Turchia, mi aspetto un forte sostegno bipartisan” alla proposta, ha scritto Graham su Twitter.

Trump si è detto d’accordo con la decisione di imporre sanzioni sulla Turchia se l’esercito di Ankara non agirà in modo “umano” in Siria: “Io e Lindsey la pensiamo in modo diverso. Ma concordiamo sulle sanzioni”, ha detto Trump. Anzi, ci saranno “molto più che sanzioni” se il presidente Erdogan “non agirà nel modo più umano possibile”. A proposito dei turchi, Trump ha detto che “volevano combattere ed ecco che lo stanno facendo. Lo aspettavano da tempo”. Venerdì, intanto, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg sarà in Turchia per una visita ufficiale, programmata prima dell’avvio dell’operazione militare contro le milizie curde nel nord-est della Siria. Stoltenberg, spiega il ministero della Difesa turco, sarà “ricevuto” dal presidente Erdogan e avrà un “incontro bilaterale” con il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu per “uno scambio di punti di vista su diverse questioni nell’agenda della Nato”.

Tra i primi Paesi europei a reagire all’offensiva turca c’è l’Italia. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha disposto la convocazione dell’ambasciatore turco in Italia per esprimere la “protesta del governo italiano”. Provvedimento preso anche dalla Francia. Il ministro, inoltre, riferirà nell’Aula della Camera sulla situazione in Siria martedì 15, alle ore 10, come annunciato all’Assemblea di Montecitorio dal vicepresidente Ettore Rosato. Intanto, però, il capo politico Cinquestelle ha lanciato un appello alla Turchia: “Chiediamo al governo turco di cessare immediatamente l’offensiva perché non è assolutamente accettabile. L’unica strada da seguire sono le Nazioni Unite. Lunedì abbiamo il Consiglio dei ministri degli Affari esteri europei e sarà molto importante uscire da quel Consiglio e dai successivi con una sola voce. L’Italia chiederà di agire con una sola voce anche attraverso l’utilizzo di misure nei confronti della Turchia che invitino a tornare indietro rispetto all’offensiva che ha deciso di muovere”.

Nonostante il dietrofront del presidente Usa, però, dal Cremlino puntano il dito contro Washington, attribuendo all’amministrazione Usa la responsabilità per l’offensiva turca: l’operazione militare della Turchia nel nordest della Siria, ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, citato da Interfax, è il risultato delle azioni degli Stati Uniti in quell’area. Lavrov ha poi aggiunto che la Russia promuoverà il dialogo “tra Damasco e Ankara”. “Abbiamo motivi per credere che soddisferà gli interessi di entrambe le parti”, ha aggiunto, ma allo stesso tempo la Russia “promuoverà i contatti tra Damasco e i gruppi curdi che rinunciano all’estremismo e alle tattiche terroristiche”.

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