Accordo col Pd? Questo passaggio non è stato gestito solo da Di Maio, ma da più mani. Lo stesso Beppe Grillo è intervenuto in maniera forte. Peraltro, Di Maio su questa quadratura politica col Pd aveva qualche perplessità. In questi 14 mesi Luigi, a differenza mia, si trovava bene nell’alleanza con la Lega, con cui aveva un feeling molto particolare”. Sono le parole della senatrice M5s, Elena Fattori, nel corso della trasmissione “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus.

E aggiunge: “Io rimango dell’avviso che, anche dal punto di vista costituzionale, chi fa il capo politico non debba avere ruoli di governo. Ho visto bene Zingaretti fuori da questo governo. Avrei voluto vedere fuori anche Luigi Di Maio, non per questioni mie personali ma per questioni relative alla gestione del potere. Se tu sei capo politico, devi dedicarti giorno e notte all’organizzazione del movimento. Noi abbiamo bisogno di questa organizzazione: i territori sono abbandonati a se stessi, non c’è una vera struttura, anche democraticamente eletta, non ci sono referenti territoriali – continua – Quindi, quando uno si muove, fa molta fatica a capire a chi rivolgersi a livello regionale e nazionale. Al posto di Luigi, non avrei accettato l’incarico di ministro degli Esteri, anche perché per quel ruolo sono necessari esperienza, legami internazionali e rapporti già consolidati. Nunzia Catalfo, invece, è perfetta come ministro del Lavoro. E Stefano Patuanelli è sicuramente la persona più adatta per il ruolo di ministro dello Sviluppo Economico. Però, avrei lasciato Luigi a dedicarsi all’organizzazione del movimento, che ne ha tanto bisogno. Peraltro, quando uno fa il capo politico e anche il ministro, poi naturalmente usa il suo ruolo per fare campagna elettorale”.

Fattori definisce “bufala” la rivelazione del vicessegretario della Lega, Andrea Crippa, secondo cui nove senatori del M5s sono pronti a passare con Salvini.
Poi si pronuncia sull’accordo coi dem: “Ho votato sì, ma non sono entusiasta di questa alleanza col Pd, che è un partito complesso con tante anime e con molte problematiche. Lo abbiamo combattuto soprattutto sulla riforma costituzionale Boschi e, quando sento dire che vanno rivisti il bicameralismo perfetto e il taglio dei parlamentari, mi viene la pelle d’oca. Ho il timore che potremmo essere trascinati nelle logiche di quel partito, come è successo con la Lega, senza stabilire una nostra identità”.

Ma puntualizza: “Dobbiamo stabilire una nostra identità, dobbiamo implementare la democrazia diretta e non parlo della piattaforma Rousseau, che è solo uno strumento. Allo stesso tempo, penso che ci sia la grande opportunità di riportare il Pd a una dimensione che non sia quella delle lobby e degli interessi che non sono quelli della sinistra vera. E, in più, per noi 5 Stelle c’è la possibilità di crescere nella partecipazione democratica, visto che, a mio avviso, il Pd ha una modalità di selezione della classe dirigente molto più partecipata. Dal Pd importerei nel M5s la tolleranza nei confronti di coloro che hanno una sensibilità diversa e che da noi, diciamo, vengono espulsi“.

Critica è l’opinione di Fattori nei confronti del collega Gianluigi Paragone: “Non condivido le sue idee, considero Paragone un leghista, visti i suoi trascorsi di direttore di Radio Padania e ha le sue idee pregresse. Non voterà la fiducia a questo governo? Non credo che verrà espulso per questo. Il nostro regolamento dice che si deve votare la fiducia a un governo, dove il presidente del Consiglio è espressione del M5s. E quindi – conclude – dal punto di vista del “cercavi giustizia ma trovasti la legge”, Paragone non sarebbe obbligato a votare la fiducia, visto che Conte, per sua esplicita dichiarazione, non è espressione del M5s. Certo, se Paragone non si riconosce nel movimento, è meglio che se ne vada di sua spontanea volontà. Ovviamente io sono contraria a qualsiasi espulsione, e quindi anche a quella di Paragone“.

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