Cinema

“Genova Ore 11:36”, la Spoon River delle vittime del ponte Morandi. Un “pugno nello stomaco” con la coraggiosa colonna sonora del producer Phoet

GENOVA ORE 11:36, una moderna Spoon River per raccontare le vittime del Ponte Morandi. Ad un anno dal crollo esce il “non fiction film” che racconta la tragedia di Genova attraverso la voce dei sopravvissuti e che andrà in onda in prima serata su Rai 3 il 15 settembre.

di F. Q.

La memoria opposta alla rimozione, il ricordo come medicina. Per non cancellare la gravità di quello che è successo. Scritto da Giorgio Nerone e Fabrizia Midulla con Fabio Emilio Torsello, editor Emiliano Bechi Gabrielli, produttore esecutivo Laura Guglielmetti, musiche originali di Phoet, il film documentario si sviluppa tessendo, uno ad uno, i fili del Caso che hanno portato le vite di questi sconosciuti a incrociarsi, nell’attimo terribile, in cui la terra è venuta letteralmente a mancare sotto i loro piedi. Un racconto per immagini che cuce insieme gli aspetti più intimi e personali di una tragedia collettiva nella quale sono morte 43 persone.

Uno dei tratti caratterizzanti di questo lavoro sta nella colonna sonora originale. Dopo il successo dell’album ‘Broken Symmetry, il producer Phoet è stato chiamato a comporre i temi musicali che accompagnano le immagini del toccante documentario. “È stato strano rimettere mano a Broken Symmetry per adattarlo a colonna per Genova 11:36. In qualche modo l’incontro è stato magico. Broken Symmetry è un disco che parla del tempo e della sua ciclicità. Mimmi Maselli, il music supervisor della colonna sonora, ha avuto la sensibilità di scorgere un parallelo con le atmosfere del film e di capire che c’era una comunanza tra i due contenuti. Alcuni temi sono stati scritti appositamente, come il main title, elaborandoli con gli occhi alle immagini, il cuore dentro la storia e le dita sulla testiera, per cercare di sottolineare ancora meglio alcuni momenti precisi. Si va da brani più pianistici, sebbene io non sia proprio un virtuoso del piano, all’uso massiccio di synth e macchine. È stato un lavoro fatto di getto, con tempistiche strette in cui mi sono buttato con tutte le energie che avevo. Spero di aver reso onore ad un film che merita davvero tanto”. Queste le parole del producer torinese Phoet sul proprio lavoro, che grazie alla potenza lirica della sua musica e all’impatto sonoro della produzione, ha reso ancora più intenso e commovente il film.

“Genova 11:36 non è un film di cronaca o di inchiesta, ma un pugno nello stomaco. La musica doveva essere protagonista della narrazione tanto quanto le immagini e le parole dei protagonisti, così abbiamo optato per una scelta coraggiosa: un producer di musica elettronica, invece di un più canonico compositore di classici brani da film – così Mimmi Maselli, consulente musicale incaricato della produzione artistica della colonna sonora -. Ho pensato subito a Phoet, un musicista maturo e raffinato che, grazie al proprio background musicale e alla propria sensibilità artistica e umana, fosse in grado di interpretare una materia narrativa così delicata, che avesse la capacità di scrivere temi melodici intensi e di bilanciarli poi con una produzione elettronica contemporanea e non banale, scarna e minimale ma ugualmente drammatica e sempre ritmicamente spiazzante, capace di far dialogare momenti di sospensione e tensione con aperture strumentali più speranzose. Sono molto orgoglioso del lavoro fatto insieme, e fiero di aver scommesso su Phoet, che si è calato totalmente nel film e ha realizzato una colonna sonora davvero potente, toccante e molto originale”.

Il film

Prodotto da 42° Parallelo in associazione con RaiCinema, 8 mesi di lavoro, un’unità di filmmaker e autori dedicata; più di 100 persone intervistate fra sopravvissuti, testimoni, soccorritori e forze dell’ordine; 300 ore di materiale girato in presa diretta per raccontare la tragedia che ha sconvolto Genova e l’Italia da un punto di vista diverso: quello delle vittime. Quello di chi porta ancora addosso le ferite indelebili di quanto è successo. Come Lara Spezie (34 anni), vedova di Luigi Matti Altadonna (35), che oggi, ad un anno di distanza dalla tragedia, si trova sola a crescere i suoi quattro figli. “La mattina del 14 agosto guardo il telefono e c’é un messaggio di Luigi – racconta Lara – mi scrive: “per fortuna oggi abbiamo poche consegne, dovrei tornare presto, nel primo pomeriggio sarò a casa”. È l’ultima volta che Lara sente il marito, prima che, in un giorno di pioggia qualsiasi, la loro vita cambi d’improvviso per sempre.

Per Lara e Luigi, ma anche per Rita Giancristofaro (42 anni) e il suo compagno Federico Cerne (35) che, quella stessa mattina, si sono trovati per caso ad attraversare il Ponte Morandi e, ancora oggi, si interrogano sul senso del crollo, sulle responsabilità e sulle colpe di chi ha permesso che tutto questo accadesse.

“In Italia la giustizia è un’utopia o comunque qualcosa che arriva talmente in là che la gente dimentica nel frattempo – spiega Rita nel film – ovvio ci saranno risarcimenti economici, perché sono dovuti ma nulla di quello che potranno fare ti farà tornare indietro, ti restituirà quello che che è stato o tolto. Tutti i soldi del mondo non fanno tornare in vita i morti. Non non si può dare un valore a una vita, non si può dare un valore al dolore di chi resta”.

Queste sono solo alcune delle vite spezzate dal crollo del ponte Morandi che “Genova Ore 11:36” racconta ridando voce alle vittime. Il film documentario infatti, lontano dall’essere un film di inchiesta o una semplice ricostruzione dei fatti, è una moderna Spoon River del Polcevera sul senso di fatalità e di profonda ingiustizia che regola il rapporto tra la vita e la morte di ciascuno di noi. “Quando mi dicono: “Grazie a Dio” – spiega Federico – Mi viene quasi da rispondere: è lo stesso Dio che ha salvato me, ma non ha salvato altre 43 persone. Perché io sì e loro no?”

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