I lavoratori bolognesi della Perla, il noto marchio di lingerie made in Italy, sono in protesta da ieri per far sentire la loro voce in difesa degli oltre 100 posti di lavoro a rischio. La prima giornata di contestazione è stata all’insegna di uno sciopero con adesione del 100 per cento, indetto da Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil di Bologna contro l’apertura delle procedure di mobilità per 126 dipendenti di due società del gruppo, mentre oggi si è tenuto nella sede della Regione Emilia-Romagna un tavolo di crisi con la partecipazione degli esponenti dei sindacati e dell’azienda, la holding olandese Sapinda, alla quale La Perla era stata ceduta da Silvio Scaglia nel febbraio 2018. L’azienda ha ribadito di non essere intenzionata a ritirare i licenziamenti e Filctem e Cgil hanno chiesto al ministero dello Sviluppo di aprire un tavolo. Secondo la segretaria della Filctem Sonia Paoloni l’azione della proprietà può preludere lo spostamento all’estero dell’intera produzione.

Il segretario della Cgil Maurizio Landini assicura che il sindacato cercherà di portare all’attenzione del del governo e delle istituzioni locali la questione e assicura: “Non lasceremo sole le lavoratrici”. Per Landini è un fatto grave ed è inspiegabile – aggiunge – la scelta di eliminare, su 1.200 dipendenti nel mondo, proprio quelli di Bologna, città in cui l’azienda è nata e in cui risiede la tradizione del prodotto leader del settore. “Si smonta l’impresa spingendola fuori dall’Italia – dice il leader della Cgil – e si confermano i sospetti che l’acquisto da parte del Fondo Sapinda sia stato un gioco finanziario, senza alcuna logica industriale: nessun progetto di sviluppo, un piano industriale fatto solo di tagli del personale”.

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