Il prossimo passo è una mozione di sfiducia contro l’assessore regionale all’Agricoltura Leonardo Di Gioia a firma dei consiglieri del Pd e di Leu, ovvero di tutti quelli che ne hanno chiesto le dimissioni. La maggioranza pugliese va allo scontro contro Di Gioia, che nei giorni scorsi ha dichiarato di sostenere alle Europee del prossimo 26 maggio il candidato leghista Massimo Casanova. Una dichiarazione che nei fatti non ha sortito alcuna conseguenza: l’assessore continua indisturbato a fare campagna elettorale per la Lega, pur occupando la poltrona in una giunta regionale a matrice Pd. Più volte invitato a commentare la sua decisione, Di Gioia ha risposto lapidario a ilfattoquotidiano.it: “In questo momento siamo impegnati su altri fronti, faremo il punto della situazione nei prossimi giorni. Sulla vicenda non ho nulla da aggiungere”.

La maggioranza non ci sta: dopo aver più volte invitato Di Gioia a dimettersi perché non in linea con il Partito democratico, è passata alle maniere forti e ha scritto una mozione di sfiducia che sarà presentata nei prossimi giorni in consiglio. Secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, l’iniziativa parte dai sei consiglieri regionali che nei giorni scorsi hanno diffuso una nota durissima contro Zingaretti e Di Gioia, ma con tutta probabilità in calce avrà la firma dell’intero gruppo consiliare democratico e a quanto pare anche dei rappresentanti di Leu, compreso l’assessore allo Sviluppo economico Borracino. Un atto forte, che servirà anche a far prendere una posizione più netta al governatore Michele Emiliano. Di certo, l’iniziativa del Pd pugliese verrà inserita nell’ordine del giorno del consiglio regionale che si terrà dopo le elezioni europee, quindi fuori tempo massimo per quanto riguarda i contraccolpi che la vicenda potrà avere nelle urne.

D’altra parte, lo stesso Emiliano nei giorni scorsi ha sì condannato le dichiarazioni di Di Gioia, ma ha ricordato che il suo assessore è anche candidato a Foggia con una forza amplissima di liste civiche che appoggiano “Pippo Cavaliere Sindaco”, per sconfiggere il centrodestra. Insomma, per Emiliano il capitolo è chiuso e sulla vicenda non ha più nulla da aggiungere. Di Gioia resta al suo posto, quindi. E non è la prima volta che succede. A gennaio scorso, infatti, l’assessore all’Agricoltura aveva deciso di dimettersi dopo la drammatica e lunga protesta degli agricoltori e dei gilet arancioni, in particolare dopo l’incontro di Emiliano con una delegazione dei manifestanti. Di Gioia lo accusava di promettere un coordinamento tra Regione e associazioni agricole nella presidenza e non nell’assessorato. Una crisi, per la verità, durata poco: dopo un paio di post su Facebook, Di Gioia è tornato al suo posto e pace è stata fatta.

Questa volta però a mettersi contro Di Gioia ci sono gli stessi dem che si aspettavano un sostegno da Nicola Zingaretti in visita a Bari e che sono rimasti delusi dalle parole del segretario. “Da presidente di Regione, se il segretario del mio partito mi dicesse chi devo fare assessore diventerei una furia”, ha commentato Zingaretti. “Quindi, l’unica cosa che posso dire è che se un assessore di centrosinistra del Sud vota la Lega ha un problema non con il Pd ma con i cittadini che vuole rappresentare. È un po’ come la tela di Penelope: di giorno lavora per costruire e poi votando la lega lavora per distruggere”. Zingaretti, quindi, non ha preso una netta distanza con una vicenda che – secondo alcuni esponenti del Pd – è grave per l’immagine stessa e per la credibilità del Partito democratico pugliese, che già ha dovuto sopportare, a testa bassa, le improbabili alleanze del governatore con pezzi del centrodestra (Massimo Cassano e Simeone Di Cagno Abbrescia i casi più eclatanti, ma non gli unici).

Ovviamente la variante leghista risveglia i più feroci mal di pancia, se non altro perché proprio Emiliano aveva individuato nella Lega il nuovo nemico contro il quale fare fronte comune. Almeno fino ad oggi, quando proprio un suo assessore appoggia un leghista alle europee, un sostegno che, per dirla con le stesse parole di Di Gioia, “non è negoziabile, tanto da essere disposto a pagarne le eventuali conseguenze politiche”. Conseguenze che, in realtà, non ci sono state.

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