Devo ammetterlo: fino a poco tempo fa non sapevo neppure dell’esistenza di Stiffe. E come spesso capita dei luoghi dell’ex Belpaese se ne viene a conoscenza quando c’è un danno attuale o potenziale. E’ quello che capita appunto con Stiffe, frazione di San Demetrio ne’ Vestini, in provincia de L’Aquila.

Stiffe è conosciuta per le sue grotte e per le cascate che il rio La Foce, uscendo dalla grotta, origina lungo il suo percorso: “Situate all’apice della forra che sovrasta il piccolo paese omonimo, le Grotte di Stiffe sono uno spettacolare fenomeno carsico caratterizzato dalla presenza di un torrente sotterraneo formato dalle acque provenienti dall’Altopiano delle Rocche che poi si inabissano nel Pozzo Caldaio a 2.600 metri dall’imboccatura della caverna. Il torrente riemerge all’interno della cavità originando suggestive rapide e cascate, la cui potenza varia a seconda delle stagioni”.

Potete già immaginare che il pericolo riguarda proprio l’acqua. La solita centralina idroelettrica, il solito mito dell’energia rinnovabile tutt’altro che verde. Questa volta il proponente è la Hydrowatt s.p.a. di Ascoli Piceno. L’opera di presa verrebbe realizzata in prossimità dell’uscita delle grotte a quota di circa 680 metri. Da lì partirebbe la condotta forzata interrata di 80 centimetri di diametro, che, dopo un salto di 124 metri e un percorso di 780, arriverebbe nella centralina posta appena fuori l’abitato di Stiffe. In poche parole, l’acqua sarebbe prelevata dove parte il torrente, che poi si sviluppa nelle cascate di cui sopra, per poi essere reimmessa nella parte pianeggiante e meno spettacolare dello stesso. L’opera si approprierebbe mediamente di 400 litri al secondo e ne rilascerebbe, nei periodi di magra, appena 38 (è il cosiddetto “deflusso minimo vitale”, che spesso e volentieri non viene neppure rispettato, tanto nessuno controlla). Risultato: le cascate scomparirebbero, o ben che vada diventerebbero (consentitemi) un pisciatoio.

L’opera ricade all’interno del Parco Velino Sirente e il parco, commissariato, ha dato parere favorevole all’avvio della procedura di Valutazione d’impatto ambientale (Via), rinviando il proprio parere a dopo l’esito della stessa, ma precisando già fin d’ora che, una volta realizzato il progetto, la società dovrà corrispondergli il pagamento di una royalty del 2% sui ricavi della vendita di energia elettrica. Così ci guadagnerebbe il Comune, ci guadagnerebbe il parco, ci guadagnerebbe ovviamente e ben di più il concessionario, ci perderebbero il paesaggio e l’ambiente.

Qualcuno che conosce il posto, leggendo, dirà “ma qui c’era già una centrale”. Vero, c’era una piccola centrale che rimase in funzione dai primi anni del 900 fino alla sua distruzione durante la seconda guerra mondiale. Ma portava via quasi un quarto della progettata attuale, cioè 80 litri al secondo: quindi il paragone, permettetemi, proprio non calza. Suona pertanto del tutto stonata l’affermazione dell’amministrazione comunale: “Il progetto depositato in Regione dalla Società Hydrowatt intende riattivare quella che è stata la prima centrale della provincia dell’Aquila, del 1890, con tecnologie di ultima generazione e con un percorso non coincidente con quello originale”.

Come altre volte è capitato in casi simili, anche qui è sorto un comitato spontaneo di cittadini di Stiffe che si vuole opporre con ogni mezzo all’opera, e secondo il quale “il ritorno economico previsto non può compensare il depauperamento”. E’ il comitato “Salviamo la Foce di Stiffe”. Lo stesso comitato ha scovato un Decreto ministeriale di vincolo dell’area delle grotte; chissà cosa dirà al riguardo la Soprintendenza nell’ambito della instaurata procedura di Via. Insomma, è la solita storia: “Tutte le persone conoscono il prezzo delle cose ma soltanto alcune ne conoscono il vero valore” (Oscar Wilde).

Ps
Proprio oggi è partita una raccolta firme contro la centralina

Articolo Precedente

Jovanotti, il vero problema per la montagna non sono i decibel. Ma il ‘distrut-turismo’

next
Articolo Successivo

Mobilità, ecco le città elettriche: Milano capofila ma c’è una rivoluzione in atto

next