“Il governo deve fermare l’esportazione di armi verso l’Arabia Saudita“. A rilanciare l’appello all’esecutivo di bloccare l’export di bombe verso i sauditi, una vendita che alimenta il conflitto in Yemen che dal 2015 ha causato oltre 17mila vittime (di cui 10mila proprio in seguito ai bombardamenti della coalizione sotto il comando saudita, ndr), sono state nel corso del convegno Produzioni e commercio di armamenti: le nostre responsabilità, la Federazione delle chiese evangeliche e della Conferenza episcopale, assieme alla fondazione Finanza etica e associazioni come Rete italiana per il disarmo, oltre a Pax Christi, Movimento politico per l’unità e Movimento dei Focolari.

Presente all’iniziativa anche l’esponente M5s, Manlio Di Stefano, sottosegretario del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, che ha però frenato sulle richieste, rilanciando invece sulla necessità di modificare e aggiornare la legge 185/90. Ovvero, quella che vieta esportazioni militari verso Paesi in guerra o che violano i diritti umani, ma di fatto negli anni ‘aggirata’. Tanto che lo scorso governo a guida Pd aveva dato l’autorizzazione alla più grande commessa singola della storia del dopoguerra italiano: 411 milioni di euro di armamenti prodotti dalla Rwm Italia di Domusnovas, in provincia di Carbonia-Iglesias. Una commessa fortemente criticata dal Movimento quando si trovava all’opposizione.

“Se si configurasse una violazione della legge 185 del 1990, dovremmo interrompere subito l’export e far decadere i contratti in essere”, aveva poi spiegato lo scorso settembre la stessa ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, in merito al conflitto in Yemen e alle armi vendute ai sauditi. Parole alle quali aveva però replicato il sottosegretario leghista Guglielmo Picchi: “L’export di armi è legale, se cancellato perderemo soldi e posti di lavoro”. Ora sia la Trenta che il M5s puntano sul disegno di legge depositato al Senato dal pentastellato Gianluca Ferrara, per modificare l’attuale normativa, rendendo più chiari e stringenti i criteri di individuazione dei Paesi a cui non sarà possibile vendere armi, con tanto di  ‘lista nera’ di Stati continuamente aggiornata. Un processo, però, che – oltre alle possibili resistenze leghiste – richiederà diverso tempo. “Ma nel 2018 il totale delle esportazioni italiane è già calato“, ha rivendicato Di Stefano. “E Rwm non ha beneficiato di alcuna autorizzazione”, ha continuato. “Ma resta il problema delle vecchie autorizzazioni”, hanno ribattuto dalla Rete per il disarmo.

Ma non solo. Perché in attesa dei tempi lunghi del Parlamento, associazioni come Rete per il Disarmo e Save the Children chiedono che si blocchi l’export: “Noi siamo sempre stati preoccupati dalla possibile revisione della legge, perché spesso si è provato a revisionarla in negativo, vigileremo e controlleremo. Quel che è certo è che già oggi bisogna intervenire. Serve coraggio politico di dire no“, ha spiegato Francesco Vignarca, coordinatore nazionale della Rete italiana per il disarmo. “Altri Paesi lo hanno fatto, come la Germania. È una questione di priorità politica”, ha rilanciato pure Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) di Brescia.

Di Stefano, però, ha frenato: “Al di là delle ipocrisie, è sbagliato pensare che si possa risolvere il problema con l’interruzione dell’esportazione delle armi prodotte in Italia. Bisogna avere il coraggio di discutere di una moratoria internazionale”. Rilanciando quindi sulla modifica della normativa, che possa introdurre anche l’introduzione di una lista di Paesi in cui è sconsigliato vendere. “Ma la Lega è d’accordo? Non ne abbiamo ancora discusso”, ha ammesso, dopo aver difeso pure il sottosegretario Angelo Tofalofinito sotto accusa sia sul caso F35, che per la sua partecipazione a Idex 2019, l’esibizione internazionale della Difesa di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti.

Ma se il tema dello stop della vendita di armi a Paesi in guerra, con in particolare il caso Arabia Saudita, era stato più volte rilanciato dal M5s quando si trovava all’opposizione, oltre che in campagna elettorale, ora c’è chi, come lo stesso Giorgio Beretta, chiede che quelle promesse fatte vengano rispettate: “Il M5s deve decidere cosa fare. Io guardo ai fatti, vogliamo delle risposte e dei passi verso quanto promesso. E non li stiamo vedendo. Se si adeguerà alla ‘ragion di Stato’ sul tema delle armi, delle bombe e degli F35, rischia di non rispondere più alla domanda di cambiamento”.

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