“Le decisioni sulla durata delle pena spettano solo alla magistratura. Il rinvio? Una buona notizia, speriamo che sia sine die“. “Parole gravi, non spetta a un magistrato dire quale legge bisogna fare e non fare. Altrimenti si candidi”. Il rinvio della discussione in Parlamento della riforma sulla legittima difesa accende lo scontro tra Anm e il ministro dell’Interno, Matteo Salvini.

La scintilla è la decisione della maggioranza di temporeggiare sui lavori in Aula, arrivata martedì, ma l’humus nel quale cresce è la decisione del capo del Viminale di visitare in carcere Angelo Peveri, l’imprenditore condannato per tentato omicidio di un ladro.

“Noi abbiamo molto chiaro il perimetro della nostra azione e non lo vogliamo superare. Ma reagiamo se viene invaso. Le decisioni sulla modalità e sulla durata della pena spettano solo alla magistratura non al ministro dell’Interno”, ha detto il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Francesco Minisci.

“Quando il ministro dice farò di tutto perché Angelo Peveri sia il meno possibile in carcere, è evidente che la durata e le modalità della pena deve deciderle la magistratura”, ha specificato a Radio anch’io. “Questo significa – ha sottolineato – rispetto reciproco delle prerogative che la Costituzione assegna a ogni istituzione”. Poi il commento sul rinvio dei lavori in Aula: “È una buona notizia, speriamo che sia sine die“.

Le dichiarazioni non piacciono a Salvini, che le giudica di “una gravità assoluta” perché “non spetta a un magistrato dire quale legge bisogna fare e non fare”. Quindi la stoccata a Minisci: “Candidati alle elezioni e fatti eleggere con la sinistra”, aggiunge il ministro dell’Interno. “Si mettano l’anima in pace, sia in redazione al Corriere della Sera che i magistrati di sinistra: la legittima difesa sarà legge entro marzo”, conclude.

Per l’Unione delle Camere Penali la questione è “pura propaganda”. Il presidente Gian Domenico Caiazza dà “ragione” a Minisci perché “dovrà essere sempre un giudice che valuta” e aggiunge che “qualunque cosa scrivano nel testo della legge sulla legittima difesa, non può immaginarsi una norma che pretenda di sottrarre un fatto omicidiario alla valutazione di un giudice. Quindi stiamo parlando del nulla”.

Dicendo che con la riforma si possa sottrarre chi spara a un’indagine, aggiunge, “si inganna l’opinione pubblica” e invece questo “è impossibile”, ribadisce il presidente delle Camere Penali. “La vera pretesa di fondo di questa campagna della Lega – chiarisce – è che chi spara difendendosi in casa o asserendo di essersi difeso in casa non debba essere nemmeno indagato. Qualunque cosa pensino di scrivere nel testo di questa legge questo non potrà accadere mai. Si possono restringere i criteri di proporzionalità ma si può fare entro limiti ragionevoli, quello che è irragionevole non può avvenire”.

“Salvini sceglie di dare valore simbolico a un fatto in un contesto in cui nemmeno i difensori hanno sostenuto la legittima difesa”. Caiazza fa riferimento al caso Peveri. “Ecco perché – ribadisce Caiazza – è pura propaganda che non ha nulla a che fare con la realtà giudiziaria”. Inoltre, riflette il presidente dei penalisti, “il tema della legittima difesa non è una emergenza sociale. Sfido Salvini o il ministro Bongiorno a dirci quanti sarebbero i casi negli ultimi 10 anni di omicidio di un ladro in appartamento e quante le situazioni controverse di condanna di chi si è difeso in casa propria. Non si contano neppure sulle dita di una mano. Stiamo quindi parlando di una emergenza virtuale puramente ideologica e propagandistica”.

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