Il 9 febbraio si è svolta a Roma una grande manifestazione sindacale unitaria a cui hanno partecipato centinaia di migliaia di persone. In quella folla incredibile c’ero anch’io. Abbiamo rivendicato il ruolo fondamentale che il sindacato confederale ha su quelli che sono i grandi temi che riguardano i cittadini, le lavoratrici, i lavoratori, i pensionati, i giovani, e abbiamo detto in modo chiaro che 12 milioni di iscritti al sindacato non possono essere esclusi dalle scelte politiche che li coinvolgono. Nonostante il tentativo del governo di sminuire e screditare il ruolo del sindacato, la manifestazione ha sortito un primo importante effetto: lunedì 25 febbraio l’esecutivo ha convocato al Ministero del Lavoro le Organizzazioni sindacali sul tema delle pensioni.

Se “quota 100” rappresenta, nei prossimi tre anni, un’opportunità per i lavoratori e le lavoratrici che ne potranno usufruire, c’è un dato di fatto che il governo tenta di eludere: la Legge Fornero non è stata affatto cambiata, al contrario di ciò che si è promesso in campagna elettorale.

Restano infatti esclusi da questa misura migliaia di uomini e, soprattutto, di donne che, per i lavori che svolgono, difficilmente riescono a raggiungere la quota 62 più 38 e parlo dei lavoratori stagionali e discontinui, dei lavoratori del commercio, del turismo, degli appalti, dell’agricoltura e dell’edilizia ad esempio. Parlo delle migliaia di lavoratrici con part-time involontario, magari anche verticale/misto, come quello con sospensione estiva nella ristorazione scolastica (applicato a chi lavora nove mesi su dodici pur essendo in regime di continuità lavorativa). Qualcuno si è poi dimenticato dei giovani e delle loro pensioni che oggi sono “chimere”.

Vi è poi la necessità per i sindacati “di insediare immediatamente due commissioni per l’individuazione degli altri lavori gravosi e usuranti” come si evince nella nota unitaria divulgata ieri da Cgil Cisl e Uil; su questo passaggio, a cui tengo particolarmente, mi preme fare una specifica che sa di appello.

Se entriamo nel merito dei vari contesti lavorativi, ogni lavoro può essere considerato usurante per la mente e/o il corpo, con l’andare degli anni, soprattutto considerando la mole di contributi e i limiti di età a cui ormai siamo assoggettati per immaginare una pensione quantomeno dignitosa. Ma ci sono lavori più usuranti di altri, questo è indubbio, e mi sento di urlare a gran voce che il settore della ristorazione collettiva dovrebbe comparire al più presto in quella lista. Lo dico con cognizione di causa, perché ogni giorno mi ritrovo a osservare, e a cercare di tutelare come sindacalista, lavoratori, e soprattutto lavoratrici di questo settore estremamente frammentato, massacrato, fragile e povero. Lavoratori e lavoratrici che ai 50/60 anni ci arrivano con il fisico devastato e pochi contributi.

Sempre più frequentemente mi capitano casi di inidoneità all’attività lavorativa, dichiarate a seguito di visite aziendali, che lasciano anche me nell’amarezza di non sapere come poter aiutare queste persone. Troppo malate per lavorare, e troppo poco invalide per l’Inps che rigetta loro le domande per la pensione anticipata. Un limbo che sfocia troppo spesso nel drammatico e oggettivo epilogo della quasi totale assenza di reddito. Così, queste lavoratrici e questi lavoratori, arrivano al punto di non dichiarare le loro patologie durante le visite con il medico aziendale per paura di essere sospesi o di perdere il posto di lavoro. E allora peggiorano. Lombosciatalgia, artrite reumatoide, periartrite, ernie, patologie ossee, schiene a pezzi. Le donne soprattutto. Lavare pentoloni e teglie pesanti per 6/8 ore in un centro cottura o preparare migliaia di pasti ogni notte per farli veicolare al mattino nelle scuole non è forse usurante?

Ecco. Per me e per la mia collega (compagna), che ci occupiamo di queste persone, che vediamo ogni giorno le loro mani deformate e ci ritroviamo inermi davanti a situazioni disperate, che denunciamo nel nostro piccolo un sistema di ricatto e di terrore su un argomento così importante come la salute e la sicurezza sul lavoro, ottenere l’inserimento della ristorazione collettiva tra i lavori gravosi e usuranti rappresenterebbe davvero un elemento importante per poter dimostrare a questi lavoratori, al di là della quotidiana presenza e tutela, che ce la stiamo mettendo tutta, come Cgil, per rendere loro un po’ di giustizia.

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