La nave della ong spagnola Proactiva Open Arms è attraccata al porto di Barcellona e per il momento non potrà riprendere la navigazione verso il Mediterraneo centrale. Lo ha deciso la Capitaneria catalana, dipendente dal ministero dello Sviluppo di Madrid, perché le attuali condizioni “compromettono la sicurezza intrinseca della nave, dell’equipaggio e delle persone assistite”. Il comunicato, firmato dal capitano Javier Valencia, descrive nel dettaglio una lista di violazioni degli accordi internazionali per giustificare la sua decisione, ma, riporta El Pais, nessuna di queste è diretta responsabilità della nave Open Arms o del suo equipaggio. Un esempio citato dal quotidiano spagnolo è il riferimento all’ultima missione della ogn che a dicembre ha portato 308 migranti salvati in mare nel porto di Algericas, in Spagna, dopo i rifiuti di Malta e Italia: “È stato violato l’obbligo di sbarcare i naufraghi nel porto più sicuro più vicino possibile“, si legge nel comunicato. Che però cita anche una ragione tecnica: la nave è autorizzata a navigare con un massimo di 18 membri dell’equipaggio. La Capitaneria sostiene quindi che non può svolgere operazioni di salvataggio di “un numero elevato di persone per un lungo periodo di tempo, anche più lungo di una settimana”. Non ci sarebbero, scrive il capitano Valencia, le condizioni di sicurezza.

“Se dunque gli Stati come Malta e Italia non rispettano i loro obblighi di soccorso, nemmeno noi dobbiamo proteggere la vita dei naufraghi in mare”, protesta Open Arms in una nota. “Per l’ennesima volta, anziché denunciare la violazione delle convenzioni internazionali, si sceglie di eliminare i testimoni scomodi dei naufragi e di nascondere la verità sulle morti nel Mediterraneo – continua la nota – Le politiche scellerate dell’Europa continuano a violare i più elementari diritti delle persone, primo tra tutti quello alla vita”. La ong spagnola annuncia anche di avere “presentato ricorso all’atto di fermo” e conclude: “Continueremo a batterci per poter tornare quanto prima a operare in mare”.

Secondo l’atto della Capitaneria di porto di Barcellona, Open Arms non dovrà tornare nel Mediterraneo centrale fino a quando non ci saranno accordi sugli sbarchi: “Né le autorità della zona di ricerca e soccorso (Sar) in cui opera la nave (quelle della Libia), né quelle contigue (Malta e Italia) stanno coordinando le operazioni. Al contrario, si limitano a negare lo sbarco, ignorando il coordinamento, oppure non sono state contattate dalla nave per farlo”, si legge nel documento riportato da El Pais. Che cita anche il passaggio riferito ai certificati per il trasporto di persone in possesso della Open Arms, secondo cui è autorizzata a navigare con un massimo di 18 membri dell’equipaggio a bordo. Per questo, non può svolgere operazione di salvataggio che prevedano un trasporto dei migranti via mare “per un lungo periodo di tempo”.

In merito a quest’ultimo punto, nel ricorso presentato dalla ogn l’avvocato difensore cita il caso della nave da pesca spagnola Nuestra Madre Loreto che a dicembre ha trascorso 10 giorni in mare con 12 migranti a bordo in attesa di un porto per sbarcare. “Ti verrà chiesto di soddisfare i requisiti di una nave da crociera, solo perché hai salvato i naufraghi in diverse occasioni?”, si interroga il legale. Che aggiunge: “Con questo approccio, la navigazione dovrebbe essere negata a qualsiasi nave mercantile, da pesca o addirittura di salvataggio, poiché nessuna di queste contiene alcuna indicazione sul numero massimo di naufraghi in grado di soccorrere”.

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