Questa mattina Amnesty International ha presentato il volume “La situazione dei diritti umani nel mondo. Il 2018 e le prospettive per il 2019” (Infinito Edizioni). È stata l’occasione, nel 70° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, per fare il punto sullo stato di salute dei diritti umani nell’anno che sta per finire e per riaffermare i principi ispiratori del testo del 1948.

Quei principi – ossia che i diritti sono innati, universali e indivisibili – sono sempre più messi in discussione da una visione secondo la quale i diritti si devono “meritare”, che non ci sono per tutti e che non spettano a tutti.

La Dichiarazione promuoveva l’idea che i diritti fossero interdipendenti, ossia che i diritti di ciascun individuo si realizzassero attraverso la realizzazione dei diritti degli altri: tutti i diritti per tutti non era un’utopia ma il disegno di una società nella quale la democrazia, l’uguaglianza, la giustizia sociale si rafforzassero proprio mediante i diritti.

Oggi a quel disegno si contrappone una teoria tetra: che i diritti delle maggioranze si rafforzino sottraendo diritti alle minoranze. Il decreto Sicurezza di recente approvazione è figlio di quella teoria, ne è la messa in pratica.

L’anno prossimo marcherà un’altra importanze scadenza: i 40 anni della Convenzione internazionale per l’eliminazione di ogni forma di violenza contro le donne.

Sono proprio le donne le protagoniste del rapporto di Amnesty International: bersaglio di un discorso pubblico misogino (soprattutto sui social), prese di mira da leggi o proposte di legge regressive, attaccate doppiamente quando difendono i diritti (esattamente perché li difendono e perché “non stanno al loro posto”), a milioni sono scese in piazza in ogni parte del mondo. Tante di loro sono finite in carcere, come ad esempio in Arabia Saudita e Iran, se non addirittura assassinate.

Questa mattina, alla conferenza stampa di presentazione de “La situazione dei diritti umani nel mondo”, è stata lungamente ricordata Marielle Franco, la difensora dei diritti umani uccisa a Rio de Janeiro il 14 marzo. La sua compagna Mônica Benício e la sua assistente Fernanda Chavez ci hanno ricordato cosa voglia dire difendere i diritti umani delle minoranze e dei più vulnerabili in un paese come il Brasile. Che dal 1° gennaio avrà come presidente Jair Bolsonaro. Uno di quelli che sostiene che i diritti non spettano a tutti. Un nemico dichiarato dei diritti umani e della Dichiarazione che, 70 anni fa, alimentò le speranze di tanti.

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