Pareva tutto semplice, lineare, definitivo: arrestandolo per stupri, la magistratura francese aveva finalmente smascherato Tariq Ramadan, filosofo musulmano accusato da destra e da sinistra di celare sotto un camuffamento “occidentale” la sua vera anima di fondamentalista forsennato. L’avevamo detto!, esultavano in Francia i commentatori e i politici con i quali Ramadan si era scontrato in tv. Ecco chi è davvero!, trillava la stampa italiana. Ma a nove mesi dall’arresto, le cose non sono più così chiare. Delle tre musulmane che accusano Ramadan una, si è scoperto, è tra le fondatrici dell’associazione Femmes avec Marine, dove Marine è Marine Le Pen. Anche a una militante dell’estrema destra può capitare l’orrore di una violenza carnale, ma i tecnici informatici incaricati dalla magistratura francese hanno dissepolto nel telefono della donna sms scambiati con Tariq Ramadan che confermano una relazione sessuale consenziente e bordeggiante il sadomaso.
La seconda accusatrice, scrittrice femminista che deriva la propria fama da un passato di salafita, ha raccontato di essere stata stuprata in un albergo che Ramadan aveva effettivamente prenotato, come risultava alla polizia, ma dove quel giorno non andò per altri impegni; ed è stato provato che la donna era in un’altra città. Da ultimo è apparsa un’escort di lusso di origine marocchine, le cui dichiarazioni sono ora al vaglio della magistratura svizzera. Vive a Ginevra e nel suo giro d’affari figurano legali e alti funzionari francesi. Il suo nome appare nella vicenda di Dominique Strauss-Khan, candidato alle presidenziali francesi finché non viene stroncato dall’accusa di aver tentato di violentare una cameriera a New York (dopo tre mesi viene prosciolto, ma nel frattempo è stato costretto a ritirare la candidatura). Lasciando fuori il capitolo elvetico in attesa che se ne chiarisca il contenuto, un folto gruppo di accademici di fama internazionale, da Noam Chomsky all’islamologo John Esposito, contesta alla magistratura francese “la chiara evidenza” di un'”inchiesta mossa da ragioni politiche” e dubita sia in grado di celebrare un processo corretto.
In ottobre Ramadan ha finito per ammettere quel che non poteva più negare, e cioè di aver avuto una relazione intermittente con ciascuna delle sue accusatrici (ho taciuto – si è giustificato – perché sono sposato e padre di famiglia). Se prima era accusato di doppiezza da chi lo vuole a tutti i costi furbo Talib travestito da occidentale, dunque nemico del “nostro stile di vita”, adesso è accusato di doppiezza dall’islamismo puritano, che lo considera occidentale libertino travestito da pio musulmano. Di sicuro aveva una vita sessuale esuberante: ma questo è affar suo, finché siamo nei limiti del codice penale. Probabilmente il destino gli ha lasciato una strada stretta tra gli obblighi dinastici (è il nipote di Hasan al Banna, fondatore dei Fratelli musulmani) e l’educazione europea (cresce a Ginevra, dove si laurea con una tesi su Nietzsche, filosofo nemico delle religioni). Da qui forse una certa ambivalenza, però semmai democristiana. Ho parlato con lui diverse ore e lo so nemico del fondamentalismo, non fosse altro perché ha compiuto – non senza prendersi rischi – il passo cruciale: storicizzare le scritture.
Ma proprio questa forse è l’origine dei suoi guai giudiziari: un musulmano che maneggia le categorie del pensiero laico assai meglio dei politicanti con cui si scontra (da Sarkozy a Manuel Valls) rompe gli schemi del conformismo etnico, per i quali l'”islamico” dev’essere sottomesso e culturalmente inferiore. E se poi quel musulmano esprime pensiero politico, contesta il pregiudizio contro qualsiasi islam, difende i diritti di migranti e palestinesi, dà fastidio. Per distruggerne la credibilità e la reputazione gli sono state attribuite falsamente le tesi più bigotte. Le accuse delle tre donne sono altrettanto costruite? Il dubbio è legittimo. Eppure, e questo è il punto, non sfiora l’informazione: in Italia come in Francia tutti colpevolisti per partito preso. E chi non si allinea, che cerca di capire dove sia la verità, risulta “islamo-goscista”.
Mi capitò qualcosa del genere con Adriano Sofri. Lo conobbi a Sarajevo durante la guerra, lessi il libro di Carlo Ginzburg sul suo processo, mi convinsi che non avesse mai ordinato l’assassinio del commissario Calabresi, accusa per la quale subì una lunga e ingiusta detenzione. Avendolo scritto da allora alcuni fessi mi considerano associato alla misteriosa “lobby di Lotta continua” (mai stato comunista, e il giornale di Lotta continua nel 1997, anno propizio alle pallottole, mi definì in prima pagina “giornalista questurino”). Nel caso di Ramadan, la condanna preventiva emessa dagli stessi giornalisti che avevano magnificato come “liberale” il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman è scattata per via del nonno, il fondatore dei Fratelli musulmani, movimento dalla storia complicatissima di cui in Italia non si sa nulla. Ma il governo israeliano bolla i Fratelli come “organizzazione terrorista”: questo a molti pare sufficiente per farsi un’opinione, anzi una certezza.