Un giudice del Montana blocca il progetto tanto caro a Donald Trump dell’oleodotto che dovrebbe collegare il Canada alle raffinerie americane. Una rivincita per Barack Obama e una batosta difficile da digerire per l’attuale presidente Usa che, proprio in questi giorni, è (anche) in altre faccende affaccendato, dagli incendi in California, ai guai giudiziari.

IL PROGETTO CONTESTATO DAGLI AMBIENTALISTI – Il giudice distrettuale Brian Morris ha bloccato il proseguimento dei lavori dell’oleodotto Keystone XL, da sempre contestato dagli ambientalisti e dalle tribù dei nativi del North Dakota. Motivo che, nel novembre 2015, aveva spinto già Obama a negare l’autorizzazione per la sua realizzazione. Il progetto, un investimento da circa 8 miliardi di dollari, prevede la costruzione di un oleodotto di 1900 chilometri per trasportare il petrolio delle sabbie dell’Alberta (Canada), considerato il più sporco del mondo, e trasformarlo nelle raffinerie del Texas situate sul Golfo del Messico. A regime l’oleodotto dovrebbe trasportare 850mila barili al giorno. A gennaio 2017 Trump ha firmato un decreto per la ripresa della realizzazione sia dell’oleodotto Keystone XL che del Dakota Access (anche questo precedentemente bloccato dall’amministrazione Obama) con la conseguente resa di migliaia di membri della tribù di indiani Sioux di Standing Rock, che avevano allestito un accampamento e da lì hanno condotto per un anno la loro battaglia contro il passaggio di un oleodotto sul territorio della loro riserva, nel North Dakota. Per quanto riguarda il primo oleodotto, invece, nel marzo 2017, diverse associazione ambientaliste hanno presentato ricorso alla corte distrettuale del Montana.

IL GIUDICE DEL MONTANA BLOCCA IL PROGETTO – A distanza di quasi un anno, il giudice ha disposto che l’opera venga fermata e ha ordinato al governo di rivedere la sua valutazione ambientale. Secondo Morris, approvando la concessione per il progetto Keystone XL proposto da TransCanada, l’amministrazione Trump ha violato le leggi ambientali statunitensi. Questo perché il governo statunitense ha adottato un’analisi ambientale del 2014 (e quindi troppo datata) per giustificare il rilascio di un permesso presidenziale per la costruzione dell’oleodotto transfrontaliero, violando così la legge sulla politica ambientale (National Environmental Policy Act), la legge sulla tutela delle specie in via di estinzione (Endangered Species Act) e la legge sulla procedura amministrativa (Administrative Procedure Act). I Federal Defendants e TransCanada non potranno intraprendere alcuna attività a sostegno della costruzione “fino a quando il Dipartimento non avrà completato un supplemento al Seis 2014 (Supplemental environmental impact statement) – è scritto nell’ordine del tribunale – che rispetta i requisiti delle agenzie per l’ambiente”. La recente sentenza, inoltre, è stata preceduta la scorsa estate, dalla decisione di richiedere un’ulteriore analisi della nuovo tragitto dell’oleodotto attraverso il Nebraska.

TRUMP: “È UNA DISGRAZIA” – Il presidente Trump ha definito “una disgrazia” la decisione del giudice di sospendere il progetto imponendo ulteriori indagini sull’impatto ambientale e ha accusato Morris di essere politicizzato. Il presidente Usa potrà presentare ricorso contro la decisione che, al momento, obbliga il Dipartimento di Stato a una valutazione più approfondita dei cambiamenti nei mercati petroliferi che si sono verificati dal 2014 a oggi, a tenere in considerazione per la decisione finale sull’approvazione anche l’impatto combinato del clima e gli habitat che si andrebbero a stravolgere lungo il percorso dell’oleodotto, esaminando inoltre i rischi di fuoriuscite di petrolio. Infine, secondo Morris, è necessario che venga fornita una spiegazione motivata delle ragioni che hanno portato l’amministrazione Trump ad approvare il permesso dopo che l’amministrazione Obama l’aveva negato, solo tre anni fa, basandosi sugli stessi documenti, leggi e fatti.

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