Nella periferia di Palermo, in queste ore, si combatte una guerra senza quartiere. È la guerra tra i poveri, tra i senza casa, tra soggetti che stanno sulla stessa barca e che si sfidano mentre la barca affonda. Per tutti e tutte.

Pagliarelli, una zona conosciuta dai palermitani praticamente solo per il carcere che è ospitato in quell’area. Di quelle che si sfiorano mentre si attraversa la tangenziale. Zona di casupole e palazzoni sullo sfondo. Poco verde, pochi servizi e molta disoccupazione. Qui si trovano alcune case confiscate alla mafia. Una parte del patrimonio gigantesco costruito su sangue e violenza dalle cosche palermitane in decenni e decenni di dominio.

In queste case confiscate dovranno andare parte delle famiglie che fino a qualche settimana fa “abitavano” il campo rom della Favorita. Un trasferimento che sta dentro un progetto ambizioso del comune: dismettere il campo e non semplicemente sgombrarlo – magari con maxi operazioni, sotto i riflettori delle telecamere. Un progetto ambizioso che prevede interventi sociali di inserimento e che come cardine ha l’utilizzo dei beni confiscati. A partire dalle case di Pagliarelli.

Poche ore prima dell’assegnazione ecco scendere in strada altri disperati. “Prima i palermitani” dicono. Famiglie con bambini che da tempo aspettano un alloggio. Un loro diritto. Poveri contro altri poveri, una guerra che attraversa la storia umana. Brutti, sporchi e cattivi contro altri brutti, sporchi e cattivi. A combattersi tra casermoni e palazzine. Una complessità che richiederebbe intelligenza e misura, soprattutto dalla politica. Una capacità nuova di affrontare questioni complesse garantendo diritti. A tutti.

Invece ecco, immancabili, i paladini dello scontro. La benzina da spargere a piene mani sulla rabbia. Non solo Forza Nuova, sempre pronta a cavalcare qualsiasi battaglia dove poveri e altri poveri siano divisi in squadre in base a colore della pelle o etnia, ma anche il movimento del presidente della Regione Musumeci. In piazza con tanto di tricolore al grido di “prima i palermitani”. Con corredo di tricolore ben in vista e comunicati che iniziano con “non siamo razzisti, ma…”.

Ed eccoli tutti in quel quartiere. Consiglieri comunali in cerca di foto sui giornali, aspiranti capopolo, ex consiglieri comunali del Movimento 5 stelle freschi di trasloco tra le fila dalle Lega. Tutti insieme appassionatamente. Ognuno con la propria tanica di benzina da buttare sul fuoco per alimentare l’incendio. Dimenticandosi del taglio ai fondi per le periferie e di anni di mancati investimenti per i programmi di edilizia sociale.

“Prima i palermitani” urlano. In piazza. Perché nelle aule del Parlamento e dei Consigli è molto meglio stare muti e in silenzio. Lo stesso silenzio di quando quelle case erano occupate dalle famiglie mafiose. Palermitane, decisamente palermitane.

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