L’ATELIER di Laurent Cantet. Con Marina Foïs, Matthieu Lucci, Warda Rammach. Francia  2017. Durata: 113’. Voto 4/5 (AMP)

La Ciotat: ritorno al futuro. Ad oltre un secolo dai fratelli Lumiere, Laurent Cantet sceglie la cittadina della Francia meridionale quale topos emblematico, tra un passato denso di operosità e un futuro tutto da (ri)scrivere. Per questo l’autore ne raccoglie l’eredità nell’istantanea di un presente transitivo, facendovi muovere la propria fetta preferita di umanità: i giovani, in questo caso appena post adolescenti. Questi sono i protagonisti di un laboratorio estivo di scrittura organizzato da un’affermata autrice di gialli: accompagnati dall’insegnamento di lei, i discenti proveranno a guardarsi attorno ma soprattutto a guardarsi dentro,  cercando l’identità “pesante” di un luogo, di una storia, di una cultura operaia e navale che non esiste quasi più.

Al centro de L’atelier è naturalmente “il cinema” quale luogo di osservazione del mondo e di se stessi, punto di partenza e di arrivo di un circolo virtuoso, di una mise en abyme solidissima, ma soprattutto è la parola, segno dell’anima di cui Cantet è uno dei migliori cantori cinematografici contemporanei. Dall’indimenticabile La classe (Palma d’oro a Cannes nel 2008), il regista francese è riuscito a distillare il binomio cinema-parola come pochi altri; ne L’Atelier – forse il miglior film “nazionale” a Cannes 2017 benché non in concorso – unisce i suoi temi prediletti: giovani, lavoro e – appunto – la memoria. Complice dell’ottimo risultato dell’opera è certamente il contributo del fido sceneggiatore Robin Campillo (celebrato alla stessa Cannes per 120 Battiti al minuto) che personalmente ha partecipato a un simile laboratorio di scrittura creativa a La Ciotat: dal suo ricordo riadattato è nato L’Atelier.