Due incontri formativi per i giornalisti, che assegnano punteggi per l’aggiornamento obbligatorio della categoria, vedranno sul banco dei relatori gli avvocati delle Camere Penali di Modena e Bologna, quelle che i giornalisti li hanno messi sotto “Osservatorio” e che hanno presentato un esposto all’Ordine dei Giornalisti di Bologna contro i cronisti del processo Aemilia.

Due incontri che si svolgeranno a Bologna a distanza di sole 24 ore uno dall’altro. Il primo, alla scuola di scienze politiche, sarà sul tema “Informazione e giustizia, il rapporto tra esigenze processuali e stampa”. Tra i relatori ci sarà Alessandro Sivelli, già difensore del politico di Forza Italia Giuseppe Pagliani (condannato a quattro anni in appello) nel processo Aemilia e legale di Francesco Grande Aracri nel contenzioso sui beni sequestrati al fratello del boss Nicolino che vive a Brescello. Sivelli è responsabile dell’Osservatorio informazione giudiziaria della Camera Penale di Modena. Il compito di questo Osservatorio è “verificare le modalità con le quali vengono riportate dagli organi di stampa le notizie di cronaca giudiziaria”, partendo dal presupposto che “l’informazione spesso diventa strumento dell’accusa per ottenere consensi e così inevitabilmente condizionare l’opinione pubblica”. I vertici della Fnsi e dell’Ordine dei Giornalisti definirono nel gennaio scorso “sconcertante e preoccupante” questa iniziativa, ma forse se ne sono dimenticati perché assieme a Sivelli tra i relatori del 19 aprile ci saranno anche Giovanni Rossi, presidente regionale dell’Ordine e Serena Bersani, presidente dell’Aser, il sindacato regionale dei giornalisti.

Il giorno dopo, 20 aprile, si replica a palazzo San Domenico, sempre a Bologna, sul tema “Processo penale e informazione giudiziaria: un rapporto complicato”. Tra i relatori l’avvocato Pierpaolo Groppoli, della Camera Penale di Bologna, che cura un Osservatorio analogo a quello modenese e la cui idea sul lavoro dei giornalisti nel processo penale è espressa chiaramente da un articolo pubblicato sul sito della Camera Penale. Secondo Groppoli c’è una grande distanza “tra il processo penale e ciò che viene raccontato dai mezzi di informazione” sui quali “va in scena il processo mediatico; un chiacchiericcio che non finisce mai, che tende ad includere alla rinfusa qualunque conoscenza che arrivi nel raggio di azione di un microfono”. Per concludere: “Il processo mediatico è necessariamente inquisitorio e sbilanciato sulla versione dei fatti forniti dall’accusa”. Assieme a Groppoli (e altri) in questo corso ci sarà a relazionare Claudio Santini, presidente del consiglio di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti di Bologna.

Nell’incontro del 19 aprile, come ciliegina sulla torta, verrà presentato il “Libro Bianco” sull’informazione giudiziaria. È una pubblicazione edita dall’Unione delle Camere Penali Italiane, che accusa il lavoro giornalistico di cronaca giudiziaria di tante colpe, come si legge nel sito delle Camere: “Approccio colpevolista dei titoli e dei contenuti degli articoli, asse informazione/procure con mezzi diversi ed uguali fini, disinteresse informativo per gli sviluppi del dibattimento, difetto di riflessione critica”.

È ovvio e fuori discussione che gli avvocati delle Camere Penali abbiano tutto il diritto di pensarla come vogliono e di criticare il lavoro giornalistico in generale e di cronaca giudiziaria in particolare. Di scrivere Libri Bianchi e di tutti i colori che vogliono sui giornalisti e in particolare sulle cronache del processo Aemilia. Di sostenere come fatto in aula dall’avvocato Vezzadini che “i giornali scrivono tutti i giorni cose non vere”, di presentare denunce ed esposti contro i giornalisti come fatto proprio dalla Camera Penale di Bologna il 24 luglio dell’anno scorso nei giorni caldi che seguirono l’attacco degli imputati ai cronisti con la frase: “In galera!”. Ma sorprende che a legittimare questo loro pesante attacco, in sostanza un attacco alla libertà di informazione, siano questa volta proprio l’Ordine e il Sindacato dei Giornalisti, con due corsi che assegnano crediti formativi.

Nell’aula di Aemilia in questi due anni gli imputati e i loro difensori hanno più volte preso di mira il lavoro giornalistico. Dalla richiesta di porte chiuse ai cronisti a quella assai originale di leggere all’apertura di ogni udienza gli articoli di giornata: una sorta di processo alla stampa da anteporre al processo alla mafia. Richieste rigettate dal collegio dei giudici in un giorno dal valore altamente simbolico, il 19 gennaio 2017, quando davanti al Tribunale era parcheggiata la Citroen Mehari di Giancarlo Siani sulla quale il giovane giornalista venne ucciso dalla camorra nel 1985.

Articolo Precedente

Gioia Tauro, estirpate 200 piante nei terreni della coop antimafia: “Quarta intimidazione, ma non ci fermiamo. Gli sconfitti sono loro”

next
Articolo Successivo

Mafia nigeriana, a Palermo chiesto più di un secolo di carcere per 14 imputati. Il pm: “Condannateli per 416 bis”

next