Con il M5S sotto accusa per il caso rimborsi, Di Maio, Bonafede e altri esponenti dello staff pentastellato si sono ritrovati per diverse ore al comitato per controllare i rendiconti inviati dai parlamentari. “Abbiamo restituito circa 23 milioni”, si è difeso Alfonso Bonafede. Per poi rivendicare: “Il M5S fa pulizia, chi sbaglia paga. E non resterà nel Movimetno”.
C’è però il rischio che le “mele marce”, così come bollate da Di Maio stesso, diventino i nuovi Vacciano, che non si è mai riuscito a dimettere: “Avremo i numeri nella prossima legislatura per accettare le loro dimissioni”, ha tagliato corto, difendendosi dalle accuse di controlli troppo superficiali dei vertici. Al contrario del neo candidato Emilio Carelli, che ha ammesso: “Si poteva controllare meglio”. Resta invece l’incognita di Borrelli, il fedelissimo che è passato al gruppo non iscritti del parlamento Ue. Nessuna motivazione, salvo un riferimento generico a “problemi di salute”. Ma Bonafede: “C’entra pure lui con il caso rimborsi? Questo dovete chiederlo a lui”.
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M5s, Lombardi: “Rendicontazioni? Sono in regola, si sciacquino la bocca prima di parlare di me”

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I Cinque Stelle e le questioni immorali

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