Via le grandi navi dal Bacino di San Marco a Venezia, ma non prima di tre anni? Traffico turistico trasferito a Marghera e in parte confermato a Marittima? Scavo dei canali della laguna per consentire ai bestioni del mare di raggiungere gli scali di terraferma? Il decreto Clini-Passera di messa al bando delle navi di grande stazza non ancora applicato dopo cinque anni? Che valore hanno queste decisioni illustrate nel Comitatone del 6 novembre dal ministro alle Infrastrutture, Graziano Delrio, e pomposamente annunciate come il piano che risolverà il problema dell’aggressione crocieristica alla città artistica più fragile del mondo? Se lo è chiesto l’assemblea del comitato NoGrandiNavi che si è riunita per analizzare cosa è cambiato dopo la riunione romana che di interministeriale ha avuto ben poco. “Il Comitatone è stato fatto fallire in maniera miserabile dallo stesso Governo” è la denuncia emersa dalla discussione, preludio di nuove battaglie legali.

Perchè? “Nel Comitatone è prevista la presenza del presidente del Consiglio dei Ministri, del ministro delle Infrastrutture e Trasporti, del ministro dell’Ambiente, del ministro dei Beni e delle attività culturali, del ministro alla Ricerca Scientifica e dei rappresentati delle istituzioni ed enti locali. Ma al momento del voto (e per quasi tutta la durata della riunione) era presente solo il ministro alle Infrastrutture e trasporti” ha detto Luciano Mazzolin, del Comitato. Erano infatti assenti, nell’ordine, Gian Luca Galletti, che si occupa anche di tutela del territorio e del mare, Valeria Fedeli e Dario Franceschini, responsabile del turismo, che nella sua manifestazione di massa è il grande accusato in questa aggressione alla stabilità di Venezia. L’assenza di tre ministri su quattro, oltre che del premier, è il punto di partenza dell’offensiva ambientalista. “Non è stato possibile, per mancanza del numero legale, approvare come previsto una delibera e così hanno fatto circolare un anomalo ‘Documento programmatico di percorso‘ che noi riteniamo del tutto privo di alcun valore perché viziato anche da altre anomalie procedurali”. Per questo l’assemblea ha deciso di valutare la possibilità di presentare ricorso al Tar e alla Corte dei Conti, “per invalidare e bloccare le ‘decisioni‘ prese in questo documento assurdo e pasticciato”.

Il documento non poteva soddisfare gli ambientalisti che chiedono il blocco dell’ingresso in Laguna delle Grandi Navi. “La soluzione di un porto crocieristico all’interno della Laguna a Porto Marghera, con il transito di navi da crociera sempre più grandi nel canale MalamoccoMarghera, e con l’utilizzo (quasi del tutto abortito) del Canale Vittorio Emanuele è la peggiore decisione e soluzione possibile”. I motivi sono stati illustrati durante l’assemblea da numerosi interventi. C’è chi ha ribadito il rischio di una devastazione nella Laguna Centrale, anche a causa degli ipotizzati lavori di escavo e raddoppio di tutto il tracciato del Canale dei Petroli. C’è chi ha sottolineato l’incompatibilità tra attività e traffici commerciali e industriali presenti a Porto Marghera, con il rischio di incidenti. Inoltre, il polo crocieristico che dovrebbe sorgere a Marghera innescherebbe la grande corsa degli interessi privati, con speculazioni sulle aree interessate a un nuovo sviluppo.

Nel piano governativo si afferma che “le grandi navi arriveranno a Marghera e si fermeranno nel Canale Nord Sponda Nord, con accesso attraverso la bocca di Malamocco e il canale di navigazione Malamocco-Marghera”. Inoltre: “In questa fase transitoria, in attesa che il terminal di Marghera sia attrezzato, metteremo in campo una nuova determinazione della Autorità marittima con nuovi criteri più oggettivi, che tenga conto di tutte le variabili architettoniche, paesaggistiche e ambientali per preservare al massimo la Laguna. Vanno sfruttati al massimo gli attuali canali esistenti, senza scavare nuovi canali, per consentire alla Marittima di continuare a funzionare bene e di svilupparsi. E’ possibile sviluppare il porto, far arrivare le crociere, senza per questo mettere a rischio il patrimonio di Venezia”.

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