Divide et impera. I 55 milioni di euro messi da Tap e Snam sul tavolo delle compensazioni, a fronte della realizzazione del gasdotto che dall’Azerbaijan arriverà sulla spiaggia di San Foca di Melendugno, in provincia di Lecce, spaccano il fronte finora compatto di 94 sindaci del Salento. Una cifra, quella proposta, lievitata a stretto giro: fino a due settimane fa erano appena 15 milioni. E non c’entrano solo quei soldi. Negli ultimi giorni, il governo si è dimostrato molto disponibile, accettando di avviare un “tavolo Salento” per ragionare sui grandi temi ambientali ed energetici che interessano il territorio. “Nessuno può compare i salentini. Nessuno può comprare me e la Puglia. Il ministro De Vincenti tenta di creare consenso: rischia di sembra un lobbista”, dice a ilfattoquotidiano.it il presidente della Regione Michele Emiliano, rompendo il silenzio.

La sponda del governo in Salento – Il governo, però, cerca sponda nel Salento, aprendo su quegli stessi temi che lo hanno visto sordo. Lo fa ora, dopo un braccio di ferro imponente sulle trivelle, tanto da aver portato la Puglia ad essere tra i promotori del referendum di aprile 2016 e dopo diversi permessi di ricerca rilasciati alle multinazionali del petrolio, oggetto poi di moratoria per sei mesi. Lo fa ora, nonostante non abbia mai recepito il piano per la decarbonizzazione delle grandi industrie siderurgiche ed elettriche presentato dalla Regione già nell’autunno 2016 e che, considerato buona pratica da Onu e Oms, sarà illustrato domani anche a Bonn, durante il forum internazionale sul cambiamento climatico, Cop 23.

De Vincenti a Lecce. Emiliano: “Sembra un lobbista” – Agli inizi di dicembre, quindi, il ministro per il Mezzogiorno Claudio De Vincenti sarà a Lecce per discutere proprio di ciò di cui a Roma fino ad ora non si è voluto parlare. Di più, ha detto che diverse richieste partite dal Salento, come quelle relative a bonifiche di siti inquinati e avvio della metropolitana di superficie, sono già oggetto di finanziamento nel Patto per la Puglia, la cui dotazione potrebbe essere incrementata. È quanto ha annunciato mercoledì, durante l’incontro convocato a Palazzo Chigi con Tap, Snam, Confindustria, sindacati e una rappresentanza territoriale per confrontarsi sui progetti su cui incanalare gli “investimenti aggiuntivi” delle due società del gas. Si arrabbia Emiliano, che a Ilfatto.it annuncia che non parteciperà all’incontro in calendario per il mese prossimo: “Non sarò mai ad un tavolo con De Vincenti, che tenta di creare consenso su Tap a San Foca, ciò che nessuno vuole. Rischia di sembrare un lobbista più che un ministro, se non la smette immediatamente con questi patetici tentativi di comprare un consenso che non avrà mai”. Il Fatto ha contattato lo staff del ministro per chiedere una replica alle accuse del governatore pugliese, ma non ha ottenuto alcuna risposta.

Sindaci per il no: “Tentativo da sciacalli” – Teresa Bellanova, viceministra allo Sviluppo Economico, espressione del Pd salentino e in passato fermamente contraria all’approdo di Melendugno, ha detto la sua: la trattativa romana “non è una banale monetizzazione del rischio, che peraltro, come lucidamente ha rilevato proprio il dirigente del Settore Attività Produttive della Regione Puglia, presente in qualità di uditore agli incontri, è sostanzialmente pari a zero, né tantomeno è una svendita dell’identità territoriale. Piuttosto, un’interlocuzione tra pari, in questo sostenuta e supportata dal governo, su come ‘compensare’ adeguatamente un territorio ospite di un’infrastruttura strategica per il sistema Paese e per gli obiettivi della Strategia energetica nazionale”. Per la gran parte degli amministratori locali, invece, è il tentativo “da sciacalli” per accaparrarsi il consenso. I 94 sindaci (su 97) che, nella primavera scorsa, scrissero al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere di fermare i lavori, continuano a professarsi ancora contrari all’opera.

In 37 dialogano con Tap e Snam – Quindici di loro, poi diventati in poco tempo 37, hanno ritenuto opportuno, però, essere presenti a quella trattativa, attraverso una delegazione composta dal presidente della Provincia di Lecce Antonio Gabellone (Direzione Italia) e dai primi cittadini di Andrano e Trepuzzi, Mario Accoto (Psi) e Giuseppe Taurino (Pd). “Sono tutti sindaci di centrodestra e qualche renziano seguace della Bellanova”, ribatte piccato Emiliano. Il documento da loro presentato chiede di avviare un tavolo istituzionale con il governo sui temi salute-ambiente-energia-sviluppo, al di là della questione gasdotto e “nelle more del completamento delle procedure autorizzative ancora in corso”. Quel tempo servirebbe anche a “recuperare il rapporto con le comunità” contrarie a questa apertura. Poi, si chiede, “nell’ottica attuativa della scelta strategica connessa a Tap”, di “condividere scelte ed investimenti che, devono tradursi nei temi irrinunciabili della decarbonizzazione dell’ambiente, della definizione della tempistica sulla chiusura della centrale Enel di Cerano, su una scelta chiara in ordine all’ipotesi delle trivelle nei mari Ionio ed Adriatico”, oltre che su trasporti e bonifiche. Richiesta anche una maggiore sicurezza del gasdotto quando sarà a regime.

L’accusa a Emiliano: “Si assuma responsabilità” – Dai 37 sindaci anche la stoccata a Emiliano: “La Regione Puglia si assuma la responsabilità istituzionale di partecipare alla cabina di regia in un ruolo diverso da quello di semplice osservatore”. L’accusa è di fare da Ponzio Pilato: ai tavoli delle trattative viene inviato Domenico Laforgia, capo del Dipartimento regionale Sviluppo Economico, che ascolta ma non parla, se non per dichiarare la coerenza delle proposte di Tap e Snam al Piano energetico regionale. “Laforgia è presente solo per ascoltare e consentire al Presidente di sapere cosa accade lì. Ma noi – replica Emiliano – non daremo mai avallo alle conclusioni di quel tavolo perché siamo contrari all’approdo a San Foca”.

Il sindaco in prima fila: “Soldi per spaccare il fronte” – Per Tap e Snam, è una manna dal cielo la linea del dialogo di un terzo dei sindaci del Leccese, specie in questo momento, alla ripresa dei lavori nell’area di cantiere, costantemente presidiato da forze dell’ordine e attivisti. Gli amministratori No Tap provano a ricucire il fronte contrario. Per Marco Potì, sindaco di Melendugno, “quanto sta accadendo ora è il copione già visto con la centrale a carbone di Cerano, per cui si accettarono compensazioni ‘perché tanto si doveva fare’. Cedere ora significa capitolare anche sul resto, su trivelle, emergenze ambientali e sanitarie. Questo è solo uno specchietto per le allodole, per spaccare il fronte finora coeso e pertanto temuto”.

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